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Un frate poco fedele
Anche
quest'anno si celebra la giornata delle anime consacrate. Temo però
che tanta gente non si perderà a contemplare ammirata tanta santità,
generosità e fedeltà, impegnata come è a sentire le ultime, poco
edificanti (dis)avventure di p. Fedele Bisceglia, il frate di Potenza
messo in prigione con una denuncia pesante e circostanziata di una
suora.
I
giornali e la televisione buttano fuori ogni giorno, come un
rubinetto che spande, pezzi dalle telefonate indecenti che p. Fedele
faceva a ogni ora dal giorno e della notte, a ogni genere di donne e
adoperando ogni genere di vocaboli. Non potendo negare le
intercettazioni, l'ha messa in burla e, in una sua memoria, ha
scritto di essere perseguitato come Gesù Cristo e di meritare di
essere fatto santo. Per dire il fegato del personaggio.
Che
p. Fedele, dei Minori di S. Francesco di Paola, abbia fegato da
vendere, lo dimostra tutta la sua carriera. Laureato in filosofia,
teologia e medicina, è riuscito a creare un impero miliardario,
fatto di chiese, scuole, strutture sanitarie, dove si mettono assieme
persone di ogni fatta e più sono strambi e più sono adatti. La
“perla” di p. Fedele è una pornostar convertita ed esibita come
preda di Gesù Cristo in un disordine di trasmissioni televisive,
dove il frate mostrava tutta la sua scaltrezza, arroganza e mancanza
di misura. Di fatto la gente più seria rideva. Questa conversione
spettacolare avrebbe dovuto diventare vocazione alla clausura in un
convento dell' Aspromonte. Le cronache dicono che conduce vita
notturna sui palchi di mezza Italia, con lo stesso mestiere di prima
e con la pubblicità del frate.
Fra
una corsa in Africa e una trasmissione, p. Fedele riesce anche a
seguire la squadra di calcio del Potenza, come vicepresidente e come
capo degli ultras. Un giocatore è scappato gridando che era
inseguito da un matto vestito da frate. In realtà era proprio il
frate che faceva il matto.
Non
è il caso di proseguire con questa tragicommedia. Come per tutti, si
vuole sperare che la giustizia si sbrighi a fare chiarezza e a dare
serenità o alla suora o al frate, ma soprattutto alla gente della
città e a tanti cristiani disorientati e nauseati. Ma dobbiamo
chiederci come è che la cosa è giunta a quegli eccessi, perché
nessun non ha avuto il cuore e l’onestà di fermarlo, di aiutarlo a
stare nel suo posto, a onorare la sua tonaca e la sua regola. Noi
preti ci chiamiamo “secolari” perché viviamo nel “secolo” o
mondo, e abbiamo un vescovo che ci
tiene d'occhio nel ben e nel male. I frati si chiamano “regolari”
perché hanno la regola che impone loro, più dei preti, una vita
riservata, spirituale, comunitaria. Possibile che nessun superiore
gli abbia mai domandato da dove arrivava tutta quella pioggia di
soldi, che non gli sia venuto lo scrupolo che il posto del frate non
era negli studi televisivi o nelle curve degli esaltati, che non
poteva un uomo normale correre in giro giorno e notte, in Italia e
per il globo, senza compromettere la dimensione spirituale dalle sue
giornate? Adesso è troppo tardi mettersi a gridare al tradimento e
allo scandalo, dopo anni e anni di quella vita scatenata. O gli
andava bene tutto quel giro di soldi e di gente e tutta quella
popolarità?
Si
sa che le regole religiose sono state scritte in un tempo passato e
lontano e che bisogna armonizzarle alla vita di oggi. Si cambia ciò
che è bene e giusto cambiare, ciò che non tocca la sostanza della
vita consacrata. Ma lo spirito deve restare identico. Sembra invece
che si tenga duro sulle cose esteriori, come la tonaca, il cordino
eccetera, e si molli su tutto il resto, ben più importante.
Confondere poi la modernità con la stupidità e la trasgressione è
un cosa troppo orrenda per crederla.
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