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La libertà dello spirito
Dovendo
celebrare i doni che lo Spirito Santo spande con abbondanza sulla sua
Chiesa e sul popolo di Dio , non si poteva trovare momento e cornice
più adatti delle Pentecoste, la festa dello Spirito Santo. E così
si è ripetuto l'appuntamento di tutti i movimenti cattolici (si
parla di 123 aggregazioni carismatiche) in piazza San Pietro, attorno
a papa Benedetto. Il ricordo e il confronto inevitabile era con il
prima incontro col papa Giovanni Paolo II, il papa che per primo e in
maniera ostentata faceva capire di appoggiarsi sulla disponibilità e
generosità entusiastiche di questi "fans" dello Spirito
Santo, autentiche novità e "primavera" della Chiesa.
Papa
Benedetto non nasconde la continuità del suo ministero col
predecessore, ma non occorre essere vaticanisti per vedere la
differenza nel modo, più che nella sostanza. Ma un modo tanto
marcato che diventa sostanza. Di fatto, la moltitudine di gente
giunta a Roma da ogni parte d'Italia e del mondo, passa 300.000,
questa volta non si è scatenata una effervescenza intonata allo
spirito che le legittima ma un po' stonata e troppo invadente e
autoreferenziale. Si è avuta l'impressione che papa Ratzinger non li
avesse chiamati a mostrare visibilmente la forza e la fantasia che lo
Spirito opera nei suoi discepoli, ma piuttosto a mettersi in ascolto
umile e silenziose di ciò che vuole comunicare ai suoi fedeli. Un
convegno solenne, imponente, ma misurato, dove l'aspetto più
importante non era la gente, i destinatari, ma lo Spirito, l'autore.
E dunque tanta preghiera e tanta riflessione.
Invece
della sfilata dei fondatori, accompagnata dall'ovazione festante che
dai rispettivi discepoli e gregari, si è preferito scegliere tre dei
più rappresentativi a commentare i salmi del vespro che venivano
cantati. Si è potuto così ascoltare l'intervento del prof. Andree
Ricardi della comunità di San Egidio, a commento dal salmo 112, il
"Laudate pueri Dominum", di Kiko Arguello dei Neocatecumeni
a commento del salmo 147, e di don Julian Carròn di comunione e
liberazione a commento della Apocalisse. Dei tre interventi, il più
profondo e "biblico" mi è parso quello dal prof. Riccardi,
un'omelia da padre della chiesa. Ha insistito sul fatto che, solo con
la dimensione interiore e la grazia di Dio il cristiano, anche il più
impegnato, può salvarsi dalla povertà e dalla sterilità. Il più
polemico e forse stonato è stato quello di Kiko che, parlando della
ricostruzione del tempio di Gerusalemme
e dell'umanità di oggi, ha insistito sull'essenzialità dei
movimenti carismatici, così poco considerati dalla gerarchia.
Il
papa ha tenuto, come sempre, una grande omelia, lunga, profonda,
articolata, e ragionata. Pesante anche come contenuto e pesata. Una
lezione teologica sulla scuola dello Spirito Santo. Una scuola di
libertà, di responsabilità, di unità e complementarietà dei
movimenti fra di loro e con tutte le compionenti del corpo della
chiesa. Come Gesù a Nicodemo: "Il vento soffia dove vuole e tu
senti la sua ventata, ma non sai né da dove proviene né dove va"
(Gn 3, 8), lo Spirito, il vento creativo di Dio, è libero di
soffiare dove vuole, perché la sua libertà non sopporta confini né
esclusive monopolistiche. Se lui è la fontana di vita, dobbiamo
andare noi a bere alla sua fontana, con umiltà e in fila con gli
altri servi di Dio, e non illuderci di poter mettere l'acqua nelle
fiasche e portarla a vendere nelle nostre baracarelle. In più, il
soffio dal vento di Dio è fantasioso e creativo, ma non dispersivo.
Crea disordine nel nostro ordine, ma per mettere sù il suo ordine. è
uno spirito di multiformità, ma non di confusione e di
contraddizione. Lui è libero nei nostri confronti, ma noi non siamo
liberi nei suoi. Da qui grande umiltà, docilità, contemplazione. E'
un correre dell'anima, non un correre in giro. Uno spirito che opera
nel santuario del nostro cuore e non nelle piazze e nella confusione
e nella competizione col mondo.
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