sabato 13 agosto 2011

20 Signore, mandaci tante vocazioni, ma con i pantaloni


20 Signore, mandaci tante vocazioni, ma con i pantaloni.



Con la domenica del Buon Pastore la Chiesa si mobilita per chiedere al padrone del campo di mandare lavoratori per il suo raccolto (Lc 10,2). Ho fra le mani la lettera del rettore Goi e la novità rivoluzionaria consiste nelle bambine zaghetto ma senza illusioni di carriera e non posso non ritornare col pensiero al cuore del problema: il sacerdozio femminile. E fare un confronto con le donne anglicane, che possono consacrare il Corpo e il Sangue di Cristo, e la Chiesa cattolica, che a distanza di due mesi concede il permesso alle donne di suonare il campanello, laddove esiste ancora.
In questo confronto partendo dallo spirito di libertà e di novità della Pasqua, devo dire che, almeno qui, lo Spirito ha soffiato più a Londra che non a Roma. Tutto questo in duemila anni di vangelo. Quanta poca strada si è percorsa e quanto poco evangelica!
So che il discorso è difficile e che la tradizione è divenuta una sorte di patrimonio genetico religioso. Però sarebbe un atto di ipocrisia non cercare di affrontarlo, senza illudersi di risolverlo in quattro righe.
Ho letto le motivazioni che Monsignor Qualizza ha detto a riguardo. Ho più rispetto per lui che per le sue motivazioni. Per sostenere il prete-uomo, tira in ballo una motivazione “tipologica”: Cristo è lo sposo della Chiesa e dunque non può essere che un uomo. Cristo non è lo sposo della Chiesa perché è maschio ma perché è il Figlio di Dio che si è fatto uomo. È un “matrimonio” fondato sulla differenza ontologica, non sessuale. Tutta la tradizione spirituale e mistica parla di Dio (e di Cristo) che ci sposa, ma non per questo il suo rapporto con me è un’anticipazione delle decisioni di Strasburgo sulla convivenza omossessuale.
Non mi convince nemmeno il rifarsi alla tradizione. Si deve tenerla presente, ma non è vincolante, per il fatto che la tradizione è un tramutarsi di uno spirito che vivifica la lettera e non un mucchio di lettere che mortificano lo spirito. Altrimenti avremmo una una tradizione cimiteriale, sarebbe come tramandsarsi una bara. Bel regalo! Pertanto non è corretto fermarsi semplicemente al fatto che nell’ultima cena non si parla delle donne ma degli apostoli. Innanzittutto perché potevano essercene e poi perché è riduttivo. Invece ci si deve chiedere: “Oggi Cristo si sognerebbe di negare alle donne la parità con gli uomini in ordine al sacerdozio?” Proprio lui che è stato straordinariamente libero con loro e proprio alle donne che, a parità, sono sicuramente più adatte degli uomini in un settore come quello della religione e del culto, dove la sensibilità, l’umanità, la fantasia, il buon gusto, sono le fondamenta.
Stando al vangelo nudo e crudo, con ciò che dice di “Cesare” e di “mammona”, si può giustificare un concordato con lo stato o addirittura una banca vaticana il cui presidente è stato consacrato vescovo?
E la gente? Quella che è libera accetta. Ma se si giunge ad accettare cose ingiuste, sarà ben più facile far accettare cose sacrosante.
Le donne di Basagliapenta, mi hanno fatto un obbiezione: “Che bello sarebbe vedere sull’altare la sacerdotessa incinta!”. “Perché, è più estetica la pancia del prete? Con la differenza che quella della donna dopo nove mesi sparisce e quella del prete rischia di raddoppiare!”.
I vecchi dicevano che, se si desidera una cosa, si trova sempre almeno una ragione per ottenerla; se una cosa non si vuole, sono pronte mille scuse per non ottenerla.