17 Il nonno di Pozzecco
Il
padre spirituale mi parlava spesso di San Alberto il grande, vescovo di
Regensburg, domenicano, che, andando e tornando a piedi dalla Svevia a Parigi, l’affrontava
pregando e guardando le piante. Fu così che divenne un grande Santo e un grande
botanico.
Non
credo che padre Perissutti , nel farmi questi discorsi, si illudesse di farmi arrivare agli splendori
della santità o della gloria scientifica, ma voleva tenermi lontano dalla moda
delle moto che, a quei tempi, prendeva piede anche fra i preti. gli faceva
guadagnare tempo e gambe ma gli faceva perdere il contatto diretto con la gente
e col mondo.
Con
gli anni mi è rimasto il piacere di camminare. Mi permette di guardare,
sentire, annusare, riflettere. E se mi giova alla circolazione del corpo, mi fa
un bene straordinario anche per la circolazione dell’anima.
Un
giorno d’estate camminavo per Pozzecco e, curiosando dentro un grande cortile
di contadini, ho adocchiato di schiena un povero anziano seduto in carrozzina
dietro la scala. “vedi come ci si riduce: da soli, dopo avere penato una vita”
ho detto col cuore gonfio. Ma, guardando meglio, ho visto, sul margine, un
piedino scalzo. E il piedino era coperto con un pantoloncino e dentro c'era un
bimbetto sui quattro anni d'età.
Lui
guardava su e il nonno guardava giù e ogni tanto li si sentiva straparlare tutti e due, perché l'
anziano gli raccontava storie e il bambino si nutriva ad ascoltarlo.
Allora
mi sono proprio rincuorato, perché quell' anziano, che forse si sentiva
d’impiccio a causa del fatto che non poteva più produrre, faceva al nipote il
regalo più grande che una persone può fare ad un’altra: travasare l’anima, con
calma, viso a viso e cuore a cuore. E si sono avviati i miei pensieri.
Quel
povero anziano, in quel momento, stava dando più del sindaco, del prete, del
maestro e forse anche dei genitori. Perché non si può dare niente di più della
nostra anima, della nostra esperienza, della nostra storia.
Ho
pensato anche a un’altra verità. Che nessun non è tanto povero da non avere
qualcosa da dare e nessun non è tanto ricco da non avere qualcosa da prendere.
Il regalo di una parola e di un buon insegnamento non è sicuramente meno grande
dei soldi e delle cose e del lavoro.
Tutti
si può dare quando si è ricchi, ma il regalo del povero possiede un valore
raddoppiato. In Carnia la chiamavano “carità fiorita”, cioè a dire il fior
fiore della carità.
Che
grande capitale di storia, di sapienza, di esperienza che abbiamo in questo
nostro Friuli vecchio e di vecchi!
In
un mondo dove tutti si è presi dagli ingranaggi della produzione, dove tutti si
è obbligati a correre per produrre e per consumare, dove tutto viene mercificato,
l'anziano, i vecchi paesi, le vecchie civiltà sono rimasti gli unici e gli
ultimi non ricattabili, liberi, genuini, veri. Gli unici e gli ultimi regali e
valori. Non possiamo sprecarli.
Andando
con la memoria a quel nonno e a quel nipote, trovo sempre più attuale ciò che
ho scritto da qualche parte, in un momento di esaltazione filosofica: “Nel
giorno in cui un anziano non racconta più e il nipote non ascolta, si spezza il
filo, si taglia la radice della storia”.
Un
rabbino, nel testamento, aveva lasciata
la sua roba un poco qua un poco là. “E al tuo amico più caro non gli lasci
niente?” gli chiesero i discepoli. “A lui lascio le mie storie” rispose il
moribondo. Si può regalare qualcosa di più vitale della propria storia? Il
nonno di Pozzecco lo aveva capito.