mercoledì 4 aprile 2012

14 Identikit di una comunità cristiana


14 Identikit di una comunità cristiana

Non siamo una pieve extraterritoriale. Abbiamo anche noi un papa e un vescovo e stiamo aspettando la visita pastorale. “Visitâ” in buon friulano significa “andare a vedere”. A vedere come uno sta e cosa fa. E dargli una mano. E' dunque un atto di affetto più che di giurisdizione, una visita di famiglia più che una visita fiscale.
Mi hanno raccontato che quando aspettavano Nogara (1928-1955), ai preti prendevano le convulsioni e sotto  Rossi (1910-1927) uno si è sparato addirittura con la pistola. Forse non erano cattivi vescovi. Non erano buoni uomini. Venivano da padroni a spaventare una gente già spaventata, a imporre regole straniere a una gente che  aveva come unica regola quella di combattere.
Adesso il clima è tanto cambiato. L’impianto meno. E' dunque importante che tra vescovo e prete e gente il rapporto di fondo sia di comunione nella stessa fede liberante e santificante, più che di unità o peggio uniformità nella stessa regola. Nessuno nega le regole. Solo che non devono essere loro la regola e la misura del tutto.
Il vescovo viene in una comunità della grande Chiesa di Dio. Una comunità fatta di uomini che sono anche friulani. Una briciola della grande famiglia dei cristiani e una cellula del grande corpo di Cristo, ma con una sua fisionomia, con i suoi vizi e le sue virtù, con tanto di storia e geografia. Viene a vedere tutto questo e a vedere di tutto questo, non per umiliarlo ma per perfezionarlo, dal momento che la grazia e perfezione la natura non si può avere sacramento senza una “materia” precisa.
Noi gli presentiamo ciò che siamo. Non gli nascondiamo la nostra realtà. Non gli facciamo vedere progetti e piani pastorali che non abbiamo e di cui non siamo convinti. Gli presentiamo la nostra disponibilità e la nostra voglia di andare avanti con le briscole che Dio ci ha dato, cercando di vivere i dogmi di fondo della fede e della pastorale: la Trinità e la Incarnazione.
Abbiamo tanti vecchi. Cerchiamo di non avere una religione vecchia. I bambini sono pochi. Speriamo che Dio non ci castighi togliendoci l’infanzia dal cuore. Tante case sono sprangate. Preghiamo che non siano chiusi i cuori. La chiesa è nel mezzo del paese. Ci sforzeremo affinché continui a essere anche il centro dei nostri affetti e la nostra forza aggregante. Non abbiamo tante messe e funzioni. Ci piacerebbe che la nostra vita fosse una bella messa, lunga quanto la giornata e la vita.
Adesso stiamo aspettando di ristrutturare la chiesa, così come tanta gente ha cercato di fare bella la propria casa. Abbiamo però gli esempi di case belle e nuove che non sempre ospitano famiglie buone e rinnovate. Sarebbe un delitto spendere un sacco di milioni e trovarsi, fra un anno, con la chiesa di sassi messa a nuovo e con la chiesa di pietre vive  come prima o peggio di prima.
Siamo l’ultima frazione del comune di Basiliano. Come cittadini che pagano le tasse ci dispiace e protestiamo. Come cristiani teniamo più d'occhio la graduatoria di Dio, solitamente contraria rispetto a quella degli uomini.
Alla Chiesa, rappresentata dal vescovo, e alla società, con i suoi rappresentanti legittimi anche se latitanti,  chiediamo di non prenderci per selvaggi o eretici se cerchiamo di non separare religione, vita, cultura e lingua. Non siamo tanto grandi da cambiare il mondo e la Chiesa. Chiediamo solo che il mondo e soprattutto la Chiesa ci rispettino per quello che siamo stati e siamo. Per poter mettere anche noi le nostri due palanche nella cassa del mondo e di Dio. In un contesto dove imperano le rose grandi, meglio se di plastica,  chiediamo di restare una viola minuta e genuina. E che nessun piede religioso o civile compia il delitto di calpestarci.

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