sabato 19 marzo 2011

12 A scuola di Dio nell’orto


12 A scuola di Dio nell’orto

Se tutte le strade conducono a Roma, immaginarsi se si può mettere un limite alle strade che Dio adopera per arrivare a noi. Per lo stessa motivo, sono innumerevoli le “strade” che conducono a Dio. Perciò dico che la più giusta è quella che mi fa giungere più vicino a lui. Direi che ogni creatura ha una sua strada, come ogni creatura è la sua strada.
Questo, dovremmo tenerlo sempre a mente, soprattutto noi preti e più in alto, che abbiamo il vizio di parlare a tutti e di sconfinare parecchio nella stratosfera dei principi. Io l’avevo già compreso in teoria, ma la prova l’ho avuta da quando ho preso alloggio a Basagliapenta, dove il paese è piccolo e le persone forse sono come dappertutto ma la canonica è grande e soprattutto ha un pezzo splendido di terra, con tanto di cortile, orto e giardino. E lì vado a scuola ogni giorno. I miei banchi sono i strops e i miei libri sono le piante.
Cosa c’è di strano? Non ha detto anche il Signore che parola di Dio è semente (Lc 8,11)? Io preferisco il mio orto e auguro a ogni prete e operatore pastorale e persona con responsabilità educative di avere questa fortuna.
Iniziamo allora con la lezione. Prima di tutto il terreno, che non è omogeneo. Ce ne sono di più grassi, di più magri e sono adatti tanto gli uni che gli altri. Basta saper piantare le piante giuste nel terreno adatto. Poi ci sono i terreni di montagna che non sono, per fortuna uguali a quelli di pianura. Da ricordare nei piani pastorali diocesani o internazionali. In seguito vengono le piante. Ce ne sono di ogni colore e forma, di ogni gusto e misura. L’orto più bello è quello che ha più varietà e il giardiniere più bravo è quello che riesce a trovare per ogni pianta il suo posto adatto e a dargli la sua porzione di sole e di acqua.
Già, perché tutte le piante si nutrono, ma una di più e una di meno. E con la stessa quantità di sostentamento (acqua, sole, concime), una può avere il colesterolo troppo alto e una deperire.
Ci sono piante grasse e piante magre, piante che sarebbero sempre ubriache e piante che non sopportano di rimanere con il vestito strafondo. Ci sono fiori che fiorsiscono al primo sole, altri che fioriscono in piena luce e quelle che si accontentano degli ultimi raggi di sole. Per non parlare di quelle che fioriscono al buio e hanno il colore del sangue e del dolore. Fiori che fioriscono ogni mese e fiori che sbocciano una volta l’anno o nemmeno quella e solo per un attimo. Sono i più belli.
Fiori e piante a ogni stagione, perché non esiste una stagione sterile, come non esiste una tutta fiorita. Come le stagioni della vita. E anche nell’orto accade come nei casi della vita: ci sono le bufere e le intemperie e tutto sembra morto, ma si riprendono, perché la terra ha una grande forza e un forte istinto vitale.
Tutto quello che si semina nasce, o quasi tutto, ma quando vuole lui ed è il suo momento. Né prima, né dopo.
Chissà se quelli che fanno tanti proclami, giusti in teoria e sulla luna, ma sbagliati nella pratica, sono mai stati a guardare un aiuola? Qual'è la pianta “secondo natura”? Quella che ha trovato il suo equilibrio (non il mio o quello delle altre piante) e riesce a fornire il mondo con la sua bellezza. E il giardino “secondo natura” non è quello che salva i principi della botanica, magari restando senza nulla, ma quello che riesce ad avere un bel giardino o orto, dove ogni pianta loda il Signore a suo modo.

domenica 13 marzo 2011

11 Il fiore della Quaresima.


11 Il fiore della Quaresima


Siamo giunti al tempo della Quaresima, quello che ai vecchi richiama le aringhe e la Via crucis e ai giovani poco o nulla. Ma rimane comunque un periodo importante perché la Quaresima riflette la luce della Pasqua e dunque è un tempo estremamente “positivo”, vivo, stimolante.
Una certa tradizione ha fatto di questo periodo della vita un periodo di spavento, con i suoi giudizi, con giudizi sempre pronti e l’inferno spalancato. E tanta povera gente, già tormentata quaggiù, doveva sudare freddo anche a causa della vita di lassù, per qualche peccato, in cui si sa che era più facile incappare. Non è onesto spaventare le persone già spaventate. Come non è serio contrapporre questa vita, come brutta e sporca, e da evitare, a quella da preferire eterna e più appetibile.
Per dare un senso, anche esteriore di austerità, la Chiesa inizia la Quaresima con le Ceneri, senza fiori e con il prete vestito di color viola.
E mentre stavo indossando la pianeta viola, il pensiero mi è volato attraverso la finestra ed è atterrato in un angolo dell’orto, dove poc’anzi avevo trovato la prima viola dell’anno. Perché a me il viola della chiesa richiama proprio la viola, quel fiorellino timido che spunta in mezzo all’erba, nel primo tepore e mi dice che l’inverno sta finendo e la primavera è già pronta.
Vogliamo allora dare alla nostra Quaresima il sapore della viola? Come la viola rompe la sensazione di morte dell’inverno, così la Quaresima è il primo segnale di quella primavera del tempo e dell’eternità che si chiama Pasqua. E difatti la Pasqua non cade durante la sagra della natura e della vita? Dunque non Quaresima come fuggire da questo mondo, ma portare un segnale di vita, un’inversione di marcia. E il cristiano che vive la Quaresima è il più impegnato e attivo, innamorato del mondo e della storia.
Guardiamo le qualità di questo fiorellino benedetto. È piccolina, umile, senza difese, nascosta. Non fa clamore o colpo, e solo un occhio attento può accorgersi della sua presenza. Non fiorisce per essere guardata, altrimenti starebbe più in vista o sarebbe più colorata o più grande. Fiorisce per sé stessa, per fornire il mondo, per rispondere alle leggi della vita che le fa aprire gli occhi.
Perché i cristiani vanno sempre alla ricerca, magari a fin di bene, di un intento in ciò che compiono? Perché non riescono ad acquistrare il piacere della gratuità? Perché non si accontentano di consolare l’occhio di Dio, senza campagne e conquiste?
Della viola mi piace anche un’altra cosa. Basta trovarne una sola per dire che la vita ha vinto sulla morte. I fiori, come tutte le cose preziose, non vanno misurate a quintali o a migliaia. Sono le zucchine o le patate che vanno pesate a chili o a quintali. Che stonatura parlare di 800.000.000 di cristiani. È possibile? È realistico?
La viola deve affrontare anche lei paure e tentazioni, come Cristo nella sua Quaresima. La tentazione di rimanere nella sicurezza della sua terra, la paura del freddo, del ghiaccio, di quel ventaccio di febbraio, d’essere calpestata da qualche piede distratto. Eppure compie il passo, fiduciosa, e affronta l’avventura della vita. Così devono fare i cristiani.
Camminiamo allora verso Pasqua con occhio aperto sul mondo: all’orto da arare e seminare, al lavoro da compiere, la luce aumenta, le gionate si allungano. Se riusciremo ad avere, a Pasqua, un’armonia fra i fiori dell’orto e le virtù del cuore, oh che bella Pasqua! Se invece dovesse restare come ricordo solo un bidone di scatolame pesante, che occasione sprecata!
Buona Quaresima, allora, assieme alla viola e come lei.