mercoledì 25 luglio 2012

30 Le“armi” del prete


30 Le“armi” del prete

Dopo le promesse di mons. Qualizza di trasparenza sui “peccati” dei preti, sono rimasto meravigliato di non trovare sul settimanale diocesano una riga riguardo un fatto clamoroso noto a tutto il Friuli e che la gente  ricorda più dalle prediche.
Sto parlando della sorpresa dei muratori che, ristrutturando un appartamento lasciato da don Ascanio De Luca, fra i fondatori e i protagonisti della resistenza osovana, hanno trovato un arsenale funzionante di armi e munizioni. Si tratta dunque di roba di mezzo secolo addietro, tenuta da conto e messa via. Perché? Per difendersi o difenderci da chi?
Oramai solo le anime più candide possono aspettarsi che, nei segreti dalle case dei preti, saltino fuori solo breviari o libri di devozione. Che per altro non bisognerebbe nasconderli. Dobbiamo rassegnarci al fatto che i preti hanno intero il peso dell' umanità. E dunque ci si può imbattersi in libretti  bancari, traffici o magari riviste pornografiche.
Ma le armi sono la roba che proprio non si dovrebbe trovare. In nessuna casa e in quella di un prete meno ancora. Perché fucile e calice non si accordano per niente e il prete possiede tutte le altre armi a sua disposizione, come il vangelo, i sacramenti e la grazia, per combattere il nemico. Che non è lo stesso dello stato o dei partiti o della realtà di questo mondo. Non è nemmeno una persona o una categoria concreta, ma il male e il principe delle tenebre.
Non parlo di questa brutta storia per giudicare o condannare la memoria del prete partigiano. Non condanno nessuno, che ho a sufficienza dei miei peccati. Parlo perché si tratta di un prete e dal male nessuno guadagna e la puzza infetta tutti. Anche se la questione mi ha interessato per altre ragioni.
Il problema del rapporto fra Chiesa e guerra, fra preti ed esercito, fra teologia e politica era scoppiato nel 1990, con la “Gladio” e la “O”. In quell' occasione avevo invitato a un chiarimento fra la fedeltà alla Chiesa e la fedeltà alla patria, fra Chiesa e partito, fra Chiesa e minoranze friulana e slovene, penalizzate in maniera intollerabile con la scusa dell' anticomunismo, un'ombra che occultava tutto.
Certi preti hanno voluto pensare a una voglia di processo pubblico e anche il vescovo, con buona intenzione ma con una scelta sbagliata, ha sbrigato la questione con una difesa aprioristica dell' onorabilità dei suoi preti. Ma la questione è rimasta intatta. Da chiarire una volta per sempre.
Torno a chiedere con umiltà e con forza che i protagonisti di quella stagione tremenda facciano la loro testimonianza di crediti e di eventuali debiti. Che la Chiesa friulana faccia un buon esame di coscienza sui suoi rapporti con i partiti e sui danni di un anticomunismo esasperato e stupido, che ci ha allontanato la povera gente e ci ha invischiato in pasticci e compromessi che saranno lunghi da purgare.
Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi, viene da domandarsi, come don Milani, se forse non ci avrebbe giovato di più la persecuzione e la povertà invece delle armi del potere che non possono essere le armi della Chiesa. E che si volti pagina nel rapporto fra Chiesa e minoranze. Ciò che non è stato fatto si può sempre fare. L’occasione è pronta: il ventennale dell' assemblea dei preti. Il posto anche: il duomo di Venzone, dove è stato ucciso il mio prete e santolo di battesimo mons. Faustino Lucardi. Lui e tanti altri preti hanno combattuto la guerra morendo disarmati come agnelli sacrificali. E il loro nome è  segnato nel libro della Vita e nel cuore della gente.

mercoledì 18 luglio 2012

29 L’immensità misteriosa del mare


29 L’immensità misteriosa del mare

La donna più anziana dal mondo, una brasiliana di 124 anni, ha chiesto come regalo di vedere il mare. La televisione la mostrava con i piedi nell’acqua come una bambina e con gli occhi curiosi e paurosi che guardava domandandosi che cosa ci poteva essere “al di là”. Perché  il mare ti fa voglia e paura, unisce e divide, ti sembra di averlo in mano con la prima scodella d' acqua e ti accorgi che hai meno di niente.
Nessuna meraviglia che la civiltà sia nata ai bordi e in giro al mare e che i popoli primitivi abbiano considerato questa immensa pozzanghera piena di divinità e di bestiacce Anche Sant'Agostino, davanti al mare di Ostia, col bimbetto che cercava di mettere in una piccola buca l’acqua del mare, ha capito che non c'è niente da capire riguardo al mistero di Dio, ma rimane solo da adorare. O al massimo bagnarsi i piedi e sguazzare ai margini del mistero.
Ho sempre pensato che poche cose come il mare sono una parabola, un'orma di Dio. Con le onde che segnano i secondi e le maree che segnano le giornate dell' orologio infinito del tempo, che è eternità identità ed eterna novità. Consolante e inquietante, appena che ti avvicini ti sembra d'averlo in mano, ma appena ti addentri sai che non sarà mai tuo. E come Dio, anche il mare è sempre vicino e sempre distante, è sempre domanda e mai risposta.
Ma il mare è anche parabola della vita dell' uomo e della sua anima. La vita unisce e divide, e sembra sempre uguale ed è diversa, come sembra diverso ma è di una identità sostanziale. La vita ti sembra di conoscerla e di dominarla e invece ti sfugge sempre, quando non riesce addirittura a capovolgere la tua barchetta con le sue tempeste tremende e imprevedibili. Se dovessi augurare una bella cosa a un amico, gli direi di essere come il mare, che se anche in superficie è sempre in movimento e affanno, in profondità conosce sempre la calma.
La luce del sole riesce a illuminare solo una piccola parte e sotto è eterna notte e mistero, con i mostri marini che tutti sanno che esistano e nessuno vede. Chi riuscirà a conoscere le profondità oscure della storia e i pensieri e i desideri e le paure e le colpe che navighino nel subconscio di ognuno di noi?
Nel fondo del mare sono nascosti tesori meravigliosi e scheletri spaventosi come nel fondo della storia, anche inesplorata di fatti straordinari di bontà e positività ma anche di violenza senza numero e di sangue versato senza economia.
Cristo, quando voleva che si pescasse tanto pesce  buono, ha detto agli apostoli di andare al largo, dove il mare è più profondo, e  difatti hanno realizzato una pesca miracolosa. Posto che sulla riva si possono pescare solo scarpe rotte e scatolame. Bisogna avere il coraggio e l'intelligenza di andare al largo e in profondità. Questo vale per la conoscenza di se stesso, e delle persone attorno a noi, della storia, della filosofia, della religione. Una persona e un popolo superficiali, che non vanno in profondità, non pescano niente, solo porcherie, e, se vogliono mangiare, devono accontentarsi di scatolame prodotto non si sa da chi e con dentro non si sa cosa. In ogni caso perderanno tutto il buono e il bello e il nuovo. Siamo già alla cultura, alla comunicazione, alle idee, ai sentimenti preconfezionati, bolliti e sterilizzati. Noi possiamo solo sfogare la fantasia nel scegliere l’aggeggio che apre la scatola.
Ma il mare mi fa pensare anche al porto dell' eternità, a cui la mia barchetta si sta avvicinando giorno dopo giorno, fra mille paure e speranze.
Chissà se i bagnanti di Lignano , fra un gelato e una scottatura, si rendono conto di avere davanti a sè tanta ricchezza di significati?

mercoledì 11 luglio 2012

28 L’eterna, patetica sfida dei cattivi


28 L’eterna, patetica sfida dei cattivi

Sono trascorsi venti anni da quando ho iniziato a scrivere anche per gli altri. Una scelta non facile per il fatto che ogni pubblicazione è una sorta di confessione, dove si rischia o di non spiegarsi bene o di non essere capiti. Ma oramai è fatta.
Il prima periodo è  stato quello delle fiabe di Fedro e iniziava con la visione poetica di un agnellino sulla riva di un ruscello. Ma vicino a ogni ruscello e a ogni agnello c'è sempre pronto un lupo con la fame insaziabile. Da li ho capito che la chiave della storia è la prepotenza, il pesce grande che mangia il pesce piccolo. “Ed è giusto che sia così - mi ha spiegato un uomo di Valle - perché se dovesse succedere il contrario, il pesciolino non riuscirebbe a digerire il pesce grande e morirebbe comunque”.
Ho voluto andare più a fondo, cercando con fatica e dolore nei fatti della storia grande e piccola dell' uomo, per vedere se questo era proprio il suo destino. E ho trovato che cambiano i sistemi della violenza, la tecnica, ma la musica è sempre quella: che il grande mangia il piccolo e il cattivo uccide il buono. In ogni tempo, in ogni clima, in ogni ideologia, sotto a ogni cielo.
Ma ci si può rassegnare a una visione così tragica della vita, confermata per altro dai fatti storici?
Ho aperto il libro dei libri, quello che narra i fatti, ma va anche a cercare un significato profondo, teologico, provvidenziale. Anche la Bibbia conosce il male. Non per nulla riporta nelle prima pagina la tragedia di Abele e più in là il lamento corale del popolo ebraico in Egitto. Solo che non si rassegna, perché sarebbe come dire che Dio ha perso su tutto il fronte.
Un dei libri più illuminanti in merito è quello della sapienza, ultimo del Vecchio Testamento cronologicamente,  ma non come importanza. In questo libro si parla della sfida eterna, sistematica, inesorabile dei cattivi che tendono trappole ai buoni per fare sparire anche la loro semenza, per non avere davanti agli occhi lo specchio della loro carognaggine. Una sfida sacrilega, perché dicono: “Se il giusto è proprio figlio di Dio, lui ci darà una mano” (Sap 2,18).
Se Dio esiste, non può tacere davanti agli olocausti antichi e recenti, dall'urlo grande come la terra che esce fuori da quelle bocche sanguinanti e senza voce, il grido del silenzio. Se non interviene, o non gli interessa o non esiste.
Ragionamento ingenuo, scandaloso e patetico. Se Dio  esiste, risponderà a modo suo. E se lui è il Dio della vita, non avrà nessun fastidio a spalancare le fosse dove i carnefici hanno gettato le loro vittime. perché è un Dio di resurrezione. Ma resurrezione anche in questo mondo. Difatti, contro ogni logica, nel momento della loro più grande arroganza, i cattivi, persone o sistemi, perdono vincendo e i poveri e gli umili, nel momento della loro più grande umiliazione, vincono perdendo. Come Cristo, che nel momento disperato della morte era più vicino alla resurrezione.
Ma i buoni devono pagare salata la loro vittoria, con dolori inenarrabili e con morti orrende. La vittoria è un atto di fede, con la quale la sconfitta è sotto gli occhi di tutti. Eppure la storia è la più grande sorpresa. Il mare di sangue e di violenza non è riuscito a sommergere la semenza dei buoni non è mai andata perduta. Il Friuli, e anche la Chiesa, hanno una sola possibilità: camminare lungo la  strada della giustizia e Dio le salverà. Magari andandoli a dissotterrare.

mercoledì 4 luglio 2012

27 La sorpresa della prima viola


27 La sorpresa della prima viola

Fedele al proverbio di “San Sebastiano con la viola in mano”, dal venti di gennaio guardo ogni giorno e in ogni angolo per vedere ripetersi il miracolo della prima viola. Sarà anche una superstizione, come i romani col sole, ma anch’io amo vedere nel primo fiorellino, magari minuto e spaurito, il segnale che ancora una volta la vita l'ha vinta sulla morte.
Quest’anno la sorpresa è stata raddoppiata: e per la novità del fiore e per la stranezza dal luogo.
Difatti non l'ho trovata in un luogo santo come il sagrato della chiesa e neanche in un luogo serio come la canonica e nemmeno in un luogo frequentato come un fosso ai margini delle case, ma lontano, non avrei mai pensato né di guardare né di trovare.
Stavo passeggiando come mio solito. Questo mi permette di mettermi in comunione con la grande madre terra. Madre che noi figli dovremmo trattare bene se non altro per interesse. E invece non perdono occasione per finire di compromettere un ambiente già compromesso. Questo pensiero mi girava in testa perché avevo trovato, uno spiazzo a confine di una stradina, i segnali della miseria e della stupidità umana: carte, fazzoletti e gomme e plastiche. Certa gente riesce in un colpo a sporcare l’amore e la terra.
Eppure il Signore mi ha fatto trovare proprio li, in mezzo a tanta porcheria, il miracolo della prima viola. Anche se aveva avuto il destino di nascere un luogo sporco, lei era pulita e il contrasto la faceva sembrare, se fosse stato possibile, ancora più bella. Perché il contrasto tra bene e male serve proprio a questo: a far vedere più bello il bene e più brutto il male.
Mi sono chinato a raccoglierla e con sorpresa ne ho viste altre, una stretta vicino all'altra, senza arroganza ma anche senza complessi d’inferiorità Guardando a occhio, c'erano più fiorellini che non carte, anche se le carte si vedevano da lontano e le viole ci si doveva abbassare per vederle, poiché erano minute e nascoste. Il male fa sempre più fragore del bene ma c'è più bene che male, altrimenti saremmo già estinti.
Dio, o la natura, ti manda questi esempi per farti scuola di vita. Se guardo solo il male, mi prende la disperazione. E allora Dio mi manda il fiorellino. Se guardo solo il bello, posso perdermi in uno stupido ottimismo. E allora Dio mi mette sotto gli occhi anche la realtà del male. Così riesco ad avere una visione realistica e vera della vita. Che è un miscuglio di bene e di male. Il primo servirà per nutrire la speranza; il secondo per non rinunciare alla prudenza.
Inoltre ho concluso che bene e male convivono tanto insieme, come il frumento e la zizzania del vangelo (Mt 13,24-30), che non c'è discarica in cui non vedi qualche fiore e non c'è giardino in cui non vedi qualcosa di scarto. Cioè a dire che nella vita niente è perfetto e non c'è situazione tanto sballata che non si possa trovare qualcosa di buono. Quelli che incolpano sempre la società e la struttura, cercano solo un alibi alla loro pigrizia e al loro conformismo. Tutti sappiamo che i campi di concentramento sono tanto satanici che più di uno ha avuto la sensazione e la tentazione che Dio non esistesse. Eppure mai come in quegli inferni sono riusciti a fiorire rose straordinarie di solidarietà e di spiritualità. Una sorta di vendetta di Dio e dello spirito sul demonio e la materia.
Signore, non lasciare mai la discarica del mondo senza un fiore e la cattiveria degli uomini senza un raggio di positività.