01 La tavola è pronta
A Roma si è appeno concluso il sinodo dei vescovi
sull' eucarestia come risorgiva e colmo (fons et culmen) della vita e della
missione Chiesa e, con la conclusione dei lavori dei padri sinodali, si chiude
anche questo anno speciale, dedicato all'eucaristia. Si tratta di un aspetto
fondamentale e vivificante della Chiesa e dunque va trattato con la profondità,
la devozione e la passione che merita, per potere offrire anche agli uomini di
oggi il pane della vita e il calice della salvezza che il Signore ci ha lasciato
prima di morire come memoria del suo sacrificio sulla croce e come garanzia che
lui sarà con noi, nostro compagno di viaggio e nostro sostentamento. Un tema,
quello dell'eucaristia, che comprende
gli aspetti più disparati, dal teologico al liturgico, dall' ecclesiologia al
pastorale, dal spirituale all'ecumenico e via dicendo. E' anche il primo
incontro con la presidenza di papa Benedetto. Da qui anche la speranza di buona
parte dei fedeli che questo sinodo segni un passo avanti, che affronti la
dottrina tradizionale con occhi e cuore nuovi. Per la vita della Chiesa e per
la vita del mondo.
Le proposizioni sono state consegnate al papa, per la
prima volta in forma pubblica, perché prepari il documento relativo e dunque è
giusto e corretto aspettare questo pronunciamento autorevole. Intanto mi
permette di dire ciò che un umile prete
di paese e forse anche un cristiano qualunque si aspetterebbe. Sicuramente
nessuno si aspetta novità rivoluzionarie e neanche un sovvertimento della
dottrina tradizionale, sebbene che in tanti aspetti e recente dai secoli
passati da allora ad adesso. In caso, mi piacerebbe che il magistero della
Chiesa riuscisse a trovare una forma nuova per presentare l'eterna verità.
Soprattutto uno spirito nuovo, che tenga conto dei cambiamenti radicali
avvenuti nel frattempo. Se i vescovi si limitano a ribadire le verità, le
regole e le proibizioni che hanno conservato fino ad adesso, non serve fare
nessun incontro e non serve nessun confronto o dibattito. Basta un’intimidazione
o un diktat.
Se l'eucaristia è quella realtà importante e vivificante
che si crede e si celebra, è evidente che la prima preoccupazione non è quella
di mettere confini e difficoltà alla partecipazione dei fedeli, ma di fare il
possibile perché tutti i fedeli possano sedersi a questa tavola di eternità
intesa nel tempo. Non ha dunque senso fare la lista di quelli che non hanno
diritto di sedersi perché non sono a posto con le regole canoniche. Dal momento
che si deve mangiare per vivere, si deve spalancare la porta e il cuore a
tutti. Bisogna, come sempre, avere coraggio e guardare la fame della gente più
che le regole. Se uno mi muore di fame, non sto a chiedere se è cattolico, se
si è lavato, se è cattivo o buono. Gli do da mangiare. Le domande gliele farò
più avanti, se serve. Abbiamo al riguardo una parola illuminante proprio nel vangelo
del pranzo nunziale, dove il padrone di casa dice ai servi: "Andate agli
incroci delle strade e invitate tutti quelli che troverete" (Mt 22, 10).
Stesso discorso vale per l' ecumenismo. Se l'eucaristia crea l'unità, prima e
più si mangia insieme e prima e più ci si trova d'accordo. Non si fa così nelle
famiglie? Prima ci si siede e si pranza e poi si ragiona e si discute.
Uno dei nostri canti dice: "La tavola è pronta,
il vino è qua". Abbiamo ogni domenica, per ogni comunità, la tavola pronta?
L'eucaristia è un regalo ma anche un bisogno, un dovere ma anche un diritto. Se
l'eucaristia è il fondamento della vita della Chiesa, tutte quelle altre robe
vengono dopo e in funzione di lei, compresa la questione dal celibato dei preti
o della ordinazione dei viri probati, degli sposati che danno buona
testimonianza. E' lecito, è cristiano lasciare un paese senza la cena santa
solo perché che il cuoco non ha il grembiule di ordinanza o non ha fatto il
corso ufficiale?