35
Perduto nel tempio
Mi
confidava, un vecchio anarchico, che tutte le religioni forti mettono
nelle mani della gente debole una corona. Così, intanto che portano
avanti i grani, non pensano. “E non potendo contare soldi, i nostri
avi hanno potuto almeno contare Ave marie”, diceva a conclusione
dei suoi ragionamenti psico-religiosi.
Non
voglio pensare che il rosario, preghiera tradizionale e tipica del
mese di maggio, sia nato come un imbriglio. Tanto più che anche le
terapie moderne cercano di guarire la gente stressata proprio con la
ripetizione continua di parole sempre identiche. Una sorta di rosario
laico che costa tanto di più di quello cattolico.
Mi
piace invece soffermarmi su questo rosario di preghiere come a un
specchio della vita, uguale e differente, e soprattutto dove i fatti
sono qualcosa di più profondo della facciata. Misteri appunto, di
Cristo e di Maria, che danno vita ai grani della corona. E perché
non rimanga tutto una cosa astratta, cerco di collegare la nostra
vita alla loro, perché i loro misteri illuminino i nostri.
Questa
volta voglio soffermarmi su di un mistero gaudioso, il quinto, quello
di Gesù perduto e ritrovato nel tempio di Gerusalemme,
nel suo prima pelegrinaggio ufficiale a dodici anni. Il fatto è
narrato da Luca, l'evangelista dell' infanzia (2,41-50). Si tratta di
uno dei sette “dolori” e delle sette “gioie” di Maria.
Bambini
che si perdono ce ne sono sempre stati. Ma sembra che adesso il
numero cresca, almeno stando alla trasmissione televisiva “Chi l’ha
visto?”, dove si vedono queste madri, con lacrime grandi quanto
noci, che si chiedono disperate dove può essere andato il loro
bambino o la loro bambina, il perché sono scappati di casa e
soprattutto dove i genitori possono avere sbagliato. Si può
discutere sullo stile della trasmissione ma non sulla sincerità
dalle lacrime, sulla gravità dal fatto e la legittimità dalle
domande. Perché scappano di casa? Cosa gli manca? Cosa cercano? Dove
si ha sbagliato? Mollato troppo o troppo poco? Data troppo fiducie e
libertà o troppo poca? E dov'è la misura giusta, dal momento che
ogni persona è un caso unico?
Maria
e Giuseppe si sono accorti della scomparsa dopo una giornata. Se
perdersi è una disgrazia, diventa una tragedia se i genitori non se
ne accorgono. E non parlo tanto dello smarrimento fisico, perchè ci
si accorge anche se manca il gatto, ma dello smarrimento spirituale.
Il figlio o la figlia stanno perdendo la strada della chiesa e del
paese, il rapporto vitale della comunione familiare, il momento della
preghiera, il senso della presenza di Dio, il senso del bene e del
male, la visione positiva della vita, il dono della sensibilità e
della generosità e magari i genitori non si accorgono perché non
hanno tempo di guardare in faccia i loro figli o hanno paura di
affrontare certe questioni preferendo parlare del tempo.
Il
vangelo dice che il bambino poneva domande. Anche i nostri bambini
fanno domande. Magari solo con gli occhi o nel segreto della loro
anima. Sul senso della vita, di Dio, sulla scala dei valori,
sull'affetto e la comprensione, sull' esempio. E non sempre trovano
risposte adeguate, da nessuna parte.
Maria
e Giuseppe vanno nel tempio sicuri di trovarlo. Dove andremmo oggi
per istinto? In una discoteca? Un bar? Al campo di calcio? Perché il
bambino si perda nel tempio, deve esserci già stato, possibilmente
accompagnato. A proposito dal tempio, sarebbe troppo comodo fare
ironia sui genitori che non vanno a cercare i figli in chiesa perché
neanche loro sanno dov'è. Perché l'hanano abbandonata? I nostri
giovani trovano qui da noi risposte forti e vere ai loro problemi
forti e veri?
Preferisco
chiudere queste riflessioni come si chiude il vangelo. con tutta la
buona volontà, il figlio resterà sempre un mistero. Anche e
soprattutto per i genitori.