mercoledì 8 agosto 2012

32 Mani sante e venerabili

32 Mani sante e venerabili

Un anno, padre Pellegrino Ernetti, cantore di Aquileia, esperto di musica e di liturgia e uomo di alta spiritualità, ci ha organizzato un ritiro a Zuglio sul primo canone della Messa, quello “romano” che lui chiamava “aquileiese”. Ho ancora nel cuore la voce e l'ispirazione che ha ripetuto più volte: “In sanctas ac venerabiles mani suas”.
Da quella volta, giunti alla consacrazione, ricordo sempre con commozione le mani “sante e venerabili” del Signore nel suo atto di raccogliere il pezzo del pane il calice del vino.
Ho un'idea delle mani del Signore. mani sempre spalancate sui dolori della povera gente; mani che accarezzavano il bambino ignaro e innocente; mani che si alzavano verso il cielo ogni volta che parlava del padre; mani che mostravano il latte, gli uccelli del cielo, i fiori del prato ogni volta che cercavano, con la parabola, di darci un'idea del mistero del regno; mani che si alzavano nella preghiera silenziosa e intenta durante la notte; mani che contraccambiavano con amore vero, anche se ferito, l'abbraccio traditore di Giuda; mani inchiodate e insanganate sul legno infamante della croce; mani abbandonate e immobili nel grembo della madre addolorata; mani luminose che si aprono per augurare la pace della resurrezione e per aiutare la fede incerta e curiosa di Tommaso.
Le mani di Cristo sono sante e venerabili perché le ha adoperate bene, come sono santi i piedi di quelli che annunciano la pace.
Dunque chi adopera bene le mani, possiede mani sante e venerabili. Anche se non sono candidide o consacrate.
Mani sante e venerabili di ogni madre, che hanno lavato, stretto, accarezzato, consolato, schiaffeggiato i figli quando se lo meritavano. Mani sante e venerabili dei padri, indurite dagli anni e dalla fatica, che tanto danno e poco prendono. Mani sante dei vecchi, con quelle screpolature profonde come solchi, aperte come un libro in cui si può leggere la storia gloriosa e amara di una vita di stenti. Mani tremanti e deformate che hanno contato più grani di corona del rosario che soldi e per questo più venerabili.
Mani sante dei bambini che aprono il libro e il quaderno, per scrivere la storia delle nuove generazioni. Mani venerabili dei giovani che si stringono con affetto, per affrontare insieme l’avventura della vita.
Mani sante e venerabili dai contadini e degli operai, dei medici e delle infermiere, delle donne di casa e di quelli che lavorano per aiutare il mondo. Mani sante che aprono la porta al povero, al forestiero, al pellegrino e al disperato. Mani sante che non hanno tempo di asciugarsi il sudore e le lacrime perché devono asciugare altri sudori e lacrime.
Queste sono le mani che io vedo attorno a me e che non stonano per niente vicino alle mani sante e venerabili di Cristo, come il loro sacrificio non stona ma anzi completa il grande sacrificio e la grande preghiera di laude del Signore celato nel sacramento.
E come l’angelo del Signore porta sull' altare del cielo l’offerta di Cristo, così porta sù quella messe lunga e grande che il nostro popolo sta celebrando nella sua storia.
Con questo spirito io vado a dire messa e con questa luce guardo la vita della mia gente, del popolo sacerdotale che nelle case e nelle situazioni di ogni giorno loda il Signore.
Lo so che ci sono anche mani nè sante nè venerabili. Ma sono convinto che la forza del sacrificio di Cristo e con Cristo è più forte. Come che l’amore è più forte della cattiveria. Altrimenti non saremmo qui a raccontarla.

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