mercoledì 15 agosto 2012

33 Martino, un Santo intelligente

33 Martino, un Santo intelligente
Fra tutti i santi del calendario, i friulani hanno segnato nella loro memoria San Martino, ricordato l' 11 di novembre Anche se non è un ricordo tutto positivo. Difatti, in occasione della sua festa, si dovevano preparare i soldi dell' affitto, che non c'erano, per portarli al padrone, che non ne aveva bisogno ma che non intendeva imitare il Santo spartendo la sua abbondanza col povero mendicante. I padroni ti cacciavano fuori e dovevi trovarti un tetto, “fare San Martino”. Una tragedia che andava ad aggravare altre tragedie.
Martino, vescovo e cavaliere (si tratta di due tradizioni legate fra loro), è collegato anche all' “estate di San Martino”, l’ultimo raggio di tepore prima del grande freddo. Il Santo avrebbe fatto il miracolo per sè, per dare un braccio di fieno al suo cavallo. altri dicono che lo ha fatto per le donne povere e sole, per aiutarle ad affrontare con meno disperazione l’inverno. Difatti si parla anche di “estate delle vedove” e, guardando l’anagrafe, credo che pochi santi abbiano un esercito di devote come lui.
Martino mi piace perché è il titolare della pieve del mio prima amore, Rivalpo e Valle, dove proprio in quel giorno, nel fatidico e fatale ’68, ho fatto l’ingresso ufficiale. Ma il nome mi richiama anche un personaggio unico, Martin Lutero, quello che è andato in rotte con la Chiesa romana perché la voleva più povera, bella, libera, più dipendente dalla parola e dalla grazia di Dio che non dalla parola e dal favore dei grandi.
Ma torniamo all'iconografia ufficiale, quella del mantello e del cavallo e della spada. E' la traduzione plastica del vangelo, che dice di volere bene al prossimo come a se stesso. Difatti Martino ha ragionato (una carità che non ragiona è cieca e non giova a nessuno): “Se mi tengo tutto il mantello per me sono somaro; se lo do tutto a lui sono stupido”. Se non era giusto che rimanesse nudo il povero, non era neanche giusto che rimanesse nudo lui. solo dividendolo a metà si poteva salvare e la carità e la dignità.
Possibile che un principio così savio e santo non può valere anche per i friulani, come cittadini del mondo e di Dio? Nella nostra storia millenaria non abbiamo mai potuto dividere ma sempre regalare e lasciare. Abbiamo dovuto solo dividere i debiti e i danni, mai gli utili e i benefici. Per essere cattolici abbiamo dovuto perdere patriarcato e patrimonio liturgico e culturale. Per essere italiani abbiamo perduto faccia, lingua e portafoglio. Per essere patrioti abbiamo dovuto sorbirci ogni sorta di limitazioni e schiavitù. Per salvare Trieste ci hanno schiacciato; una regione imbastita in maniera scandalosa e intollerabile.
E tutti a farci la predica e a insegnarci i nostri doveri e i diritti degli ospiti. Difatti se in chiesa, a scuola, a una riunione interviene uno stupido di italiano, la prima cosa che si deve fare è quella di favorirlo cambiando lingua. Ma un popolo che non ha stima di sè non può e non ha diritto di aiutare quegli altri. Un popolo nudo o spogliato può spartire solo i pidocchi, che nessuno vuole avere.
San Martino, dacci una santità intelligente o una intelligenza santa. Non ti chiediamo una spanna di mantello. Ci accontentiamo di una po' di cervello e di dignità. Perché un Paradiso di stupidi fa venire i brividi solo a pensare di andarci.
Per intanto San Martino un primo raggio di sole ce l' ha regalato. In Carnia la gente ha iniziato a urlare che è stanca e nauseata di uno stato brigante.

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