giovedì 26 aprile 2012

17 Il nonno di Pozzecco


17 Il nonno di Pozzecco

Il padre spirituale mi parlava spesso di San Alberto il grande, vescovo di Regensburg, domenicano, che, andando e tornando a piedi dalla Svevia a Parigi, l’affrontava pregando e guardando le piante. Fu così che divenne un grande Santo e un grande botanico.
Non credo che padre Perissutti , nel farmi questi discorsi,  si illudesse di farmi arrivare agli splendori della santità o della gloria scientifica, ma voleva tenermi lontano dalla moda delle moto che, a quei tempi, prendeva piede anche fra i preti. gli faceva guadagnare tempo e gambe ma gli faceva perdere il contatto diretto con la gente e col mondo.
Con gli anni mi è rimasto il piacere di camminare. Mi permette di guardare, sentire, annusare, riflettere. E se mi giova alla circolazione del corpo, mi fa un bene straordinario anche per la circolazione dell’anima.
Un giorno d’estate camminavo per Pozzecco e, curiosando dentro un grande cortile di contadini, ho adocchiato di schiena un povero anziano seduto in carrozzina dietro la scala. “vedi come ci si riduce: da soli, dopo avere penato una vita” ho detto col cuore gonfio. Ma, guardando meglio, ho visto, sul margine, un piedino scalzo. E il piedino era coperto con un pantoloncino e dentro c'era un bimbetto sui quattro anni d'età.
Lui guardava su e il nonno guardava giù e ogni tanto li si  sentiva straparlare tutti e due, perché l' anziano gli raccontava storie e il bambino si nutriva ad ascoltarlo.
Allora mi sono proprio rincuorato, perché quell' anziano, che forse si sentiva d’impiccio a causa del fatto che non poteva più produrre, faceva al nipote il regalo più grande che una persone può fare ad un’altra: travasare l’anima, con calma, viso a viso e cuore a cuore. E si sono avviati i miei pensieri.
Quel povero anziano, in quel momento, stava dando più del sindaco, del prete, del maestro e forse anche dei genitori. Perché non si può dare niente di più della nostra anima, della nostra esperienza, della nostra storia.
Ho pensato anche a un’altra verità. Che nessun non è tanto povero da non avere qualcosa da dare e nessun non è tanto ricco da non avere qualcosa da prendere. Il regalo di una parola e di un buon insegnamento non è sicuramente meno grande dei soldi e delle cose e del lavoro.
Tutti si può dare quando si è ricchi, ma il regalo del povero possiede un valore raddoppiato. In Carnia la chiamavano “carità fiorita”, cioè a dire il fior fiore della carità.
Che grande capitale di storia, di sapienza, di esperienza che abbiamo in questo nostro Friuli vecchio e di vecchi!
In un mondo dove tutti si è presi dagli ingranaggi della produzione, dove tutti si è obbligati a correre per produrre e per consumare, dove tutto viene mercificato, l'anziano, i vecchi paesi, le vecchie civiltà sono rimasti gli unici e gli ultimi non ricattabili, liberi, genuini, veri. Gli unici e gli ultimi regali e valori. Non possiamo sprecarli.
Andando con la memoria a quel nonno e a quel nipote, trovo sempre più attuale ciò che ho scritto da qualche parte, in un momento di esaltazione filosofica: “Nel giorno in cui un anziano non racconta più e il nipote non ascolta, si spezza il filo, si taglia la radice della storia”.
Un rabbino, nel testamento,  aveva lasciata la sua roba un poco qua un poco là. “E al tuo amico più caro non gli lasci niente?” gli chiesero i discepoli. “A lui lascio le mie storie” rispose il moribondo. Si può regalare qualcosa di più vitale della propria storia? Il nonno di Pozzecco lo aveva capito.

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