giovedì 10 novembre 2011

29 Il regalo della gatta


29 Il regalo della gatta

Da molti anni ho il vizio di utilizzare le ore silenziose della prima notte per leggere, buttare giù qualche idea, fare un po’ di bilancio sulla mia misera vita e su quella non sempre esaltante del mondo e di pensiero in pensiero il tempo vola via. Nessuna meraviglia che all’alba tenda a rimanere nella cuccia. Ma ho rimediato bene con una sveglia che mi entra nel cervello fino a che non do segno di vita. Per svegliarmi più velocemente, balzo giù dal letto. Cosa che ho fatto anche l’altro ieri. E si è sentita per tutta la casa un grande urlo, perché, mettendo il piede sul tappeto, ho trovato la sorpresa, fresca di giornata.
La Grigia che aveva navigato tutta la madre notte in giro per i segreti della mia canonica secolare, aveva trovato fortuna e aveva voluto spartire con me il suo tesoro. Anzi, aveva voluto donarmelo, a me che non mi risparmio in niente per far felice, lei e le altre bestioline del mio harem.
Così per la fretta e per il sonno, ho messo il piede proprio sul topolino, mentre la Grigia mi guardava con gli occhi lucenti.
La mia prima reazione è stata quella di adirarmi, come se mi avesse fatto un dispetto. Perché se la gatta non può ricambiare il mio affetto con una cosa di mio gradimento, come un libro, o un fiore, almeno non mi porti vicino cose che mi fanno ribrezzo.
Ma la gatta mi guardava con tanto orgoglio che non potevo sospettare una sua cattiveria nei miei confronti. Anzi lei, poverina, ha voluto privarsi di una cosa per cui le piangeva il cuore, pur di rendermi contento. Non sempre si può regalare ciò che vorrebbe l’altro e, nell’accettare un regalo, si deve pensare anche al valore e al peso che rappresentano per chi lo fa.
A proposito, cosa porta vicino un figlio a una madre? Forse vorrebbe colmarla di mille attenzioni e regali, ma spesso la realtà è più scalognata. Difatti solitamente il figlio ritorna vicino con i panni sporchi, da rammendare, con qualche nota da scuola o fuori, con qualche sbucciatura sulle ginocchia se è piccolo e con qualche ferita nel cuore se è grande. La madre avrebbe tutto il diritto d’attendersi un regalo più bello, ma per il grande affetto che la natura le ha fornito, sente già come un dono il fratto che sia ritornato da lei a piangere sul suo grembo o appoggiato alla sua spalla. Peraltro, può un figlio regalare qualcosa a colei che le ha donato il più grande fra i regali, la virta e l’affetto?
Stesso discorso, ma più elevato, vale per il Signore, dato che siamo nel mese del Cuore di Gesù.
Cosa può donare un povero verme della terra a colui che possiede la ricchezza, la profondità, l’altezza, la pienezza?
Per un periodo di tempo nella Chiesa è stata di moda l’usanza di confortare il Cuore di Cristo. Mi è sempre sembrata una stupidaggine o una bestemmia. Posso io confortare il Conforto? Rendere contenta la Contentezza? Glorificare la Gloria? Sarebbe come pretendere di scaldare il sole. Se mai è lui che scalda noi.
“Regalami il tuo topolino, che ho sufficiente pazienza”, dice il pievano di Basagliapenta alla sua gatta pazzerella.
Regalami i tuoi fastidi e le tue lacrime, che ho sufficiente amore e cuore” dice la madre al figlio mortificato.
“Regalami i tuoi peccati e i tuoi fallimenti, che il mio non è perdono e pace” dice il Signore all’uomo disperato.
Tre gradi di affetto, tre scalini, uno più alto dell’altro, e l’ultimo è così alto che è avvolto di tenebre e di mistero.

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