mercoledì 7 marzo 2012

10 Dalla morte la vita


10 Dalla morte la vita

Se i bambini di scuola non avessero vacanza, credo che nemmeno si accorgerebbero che siamo a Pasqua. E neanche i grandi, che pur devono avere memoria di un tempo di funzioni e di messe a raffica, non è che si impressionino molto. L’unica che ho sentito è stata questa: “Accidenti! Eravamo a Natale lo scorso giorno e adesso siamo già a Pasqua”. poco per non dire niente.
Inutile prendermela con la gente. Proverò a cercare il perché di questa “dignitosa indifferenza”. Prima di tutto si tratta di un mistero. E i misteri è meglio lasciarli a Dio. Poi sono presi da mille robe immediate che tolgono loro il senso del tempo e dei valori invisibili. E per ultimo, ma non proprio ultimo, metterei che nemmeno noi preti abbiamo scaldato il loro cuore e illuminata la loro vita con una verità così straordinaria che ci riguarda tutti, anzi tutto il creato. Pasqua è un evento cosmico.
Non abbiamo predicato con convinzione, quasi tremando, la verità straordinaria che la vita ha vinto sulla morte. Non lo abbiamo gridato con la bocca e tanto meno con la vita.
Non si può ridurre il mistero di Pasqua a una confessione e a un santino. Peggio ancora, non si può banalizzarlo invitando “a essere più buoni”. ciò vale per tutto l’anno. E non ha senso dire che il cristiano deve essere sempre “contento come una Pasqua”. allora Ollio e Stanlio dovremmo farli santi.
Pasqua non è poesia ma dramma; non è una verità fatta per consolarci ma per scrollarci l’acqua dallo stomaco. Non è la soddisfazione di quello a cui va sempre bene, ma la ribellione di una umanità che non può accettare che l'ultima parola sia la morte, la sconfitta, la fine. Allora saremmo veramente disgraziati.
La Pasqua è legata col Venerdì Santo e con la croce. è la illuminazione della croce, la soluzione del problema del dolore, la risposta scandalosa allo scandalo della morte. Non si può parlare di Pasqua come  si parla dal tempo, perché ha la stessa drammaticità della morte. Difatti la liturgia parla di un duello fra la morte e la vita; l’ultimo e l’unico duello che merita d'essere combattuto
La Pasqua non toglie il dolore nè la morte. Le dà la risposta che Dio ha dato al grido di Cristo sulla croce quando si sentiva abbandonato. La Pasqua va vista e predicata in questo contesto. Quando Dio sembra che sia più lontano dall'uomo, gli è  più vicino di sempre. Perché la vita nuova che Dio ci regala si lega con la morte a cui la natura ci condanna. Un nodo che non si può e non si deve sciogliere.
Allora anche in questo Friuli di gente vecchia, di bambini che non nascono, di case che si chiudono, è  giusto gridare la resurrezione. Perché siamo in una cornice di morte.
La Chiesa non deve fare campagne terroristiche o demografiche. Deve gridare senza sosta la verità della resurrezione. Urlarla, non spiegarla Anche se nessuno ascolta. Anche se la deridono. Ma gridarla intera, nel suo significato più vero, non pastrocciarla di sociologia o di psicologia religiosa. Pasqua è la morte che partorisce la vita, contro ogni logica.
E gridare forte la resurrezione della carne. In Aquileia, quando dicevano di credere “la resurrezione di questa carne”, si mordevano la mano, tanto per non restare nell' astratto. La Chiesa non ha altra missione, altra ragione di esistere che questa: urlare la resurrezione. con gioia e con paura, come le donne che ritornavano dal sepolcro. Perché in questo mondo la fede terrà sempre per mano il dubbio,

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