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Prima regola pastorale: umanità
Sono
dodici anni che i miei passi hanno abbandonata la pieve di San
Martino di Rivalpo e Valle e in tutto questo tempo, in verità
volato, ho cercato di non tradire, se non ogni tanto col pensiero e
nel cuore della notte, la nuova famiglia della mia anima.
Per
una ragione di concretezza e di onestà.
Non
si può volere bene a due donne nè tenere in piedi due famiglie e il
cuore dell' uomo, compreso quello del prete che lo ha a tessera, non
può essere diviso. Per questo non capisco quei preti che risparmiano
l’affetto per i paesani per quando se ne saranno andati via e così
tradiscono il loro nuovo paese e mettono in croce il successore.
Ma
il caso ha voluto che tornassi a mettere piede, per qualche ora, dove
ero giunto prete di nido, a 27 anni, e ho trascorso i quattordici
anni della mia maturità. E quando ho visto da lontano quelle case
che conoscevo sasso per sasso e quella chiesa dove ho sfogata la mia
anima nel bene e nel male, Ho compresa la verità profonda del
proverbio: il primo amore non ha fine. Perché si è aperto nel mio
cuore come una ferita e il sangue mi gocciolava, ma era una ferita
dolce, come le ferite dell'amore.
In
un attiamo sono tornato in sintonia con quel tempo fondamentale della
mia vita di prete dove che, usanza Gesù a Nicodema, sono tornato a
nascere, abbandonati struttura, erudizione, programmi
preconfezionati, ogni scienza e forza clericale, per farmi ultimo con
gli ultimi e spartire le loro ricchezze e i loro limiti, che non
erano “secundum ordinem Melchisedek”. per capire e essere capito,
per crescere e per aiutare a crescere. E si può iniziare questa
avventura solo se si entra a contatto di anime, in piena gratuità e
disponibilità.
Incontrando
i pochi che ho trovato, dopo essere stato a salutare i tanti che
hanno traslocato nel luogo del riposo eterno, ho compresa la legge
della relatività del tempo. Difatti a colpo si è squarciato il velo
della separazione ed è stato come se fossimo stati sempre insieme.
perché l’anima ritornava a godere e a patire. Ho sempre pensato
che l’eternità deve essere una condanna se manca l’amore. Se ci
si stanca un’ora, non è da rabbrividire a pensare di affrontare i
secoli dei secoli? Ma l’amore è vita e contemporaneità, come il
passato è morte e sepoltura. Se ci si vuole bene, si cancella il
passato e si è in eterna presenza. Per questo dicono che gli amanti
sono in Paradiso.
Di
tanto tempo passato insieme, la gente non ricorda più nè lavori nè
dottrine nè teologie. Tutto questo viene rimosso per primo ed è da
stupidi investire in energie. La gente si ricorda che abbiamo pregato
insieme e soprattutto che siamo stati bene assieme.
“Quanto
ci manca!” e “Che bei
momenti che abbiamo vissuto insieme” sono state le espressioni più
usuali. E presentandomi il loro bambino, gli dicevano: “Questo qui
è il signor santolo che mi ha cresciuto, di cui ti parlo spesso”.
Che si può pretendere di più?
Nel
raccomandarli ancora una volta a Dio, l’unico pastore e il vero
prete di un paese, torno sulla mia idea fissa o tarlo: la prima
regola pastorale è l'umanità. anzi l’unica regola. Intesa
nell'esempio dell'incarnazione del Signore. Parafrasando l’imitazione
di Cristo, dirò che, se hai umanità, non è importante se non hai
altre qualità. Se non hai umanità, anche le tue più belle qualità
non valgono niente.
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