mercoledì 19 settembre 2012

38 Requiem per un disperato

38 Requiem per un disperato
Il 20 di giugno del 1995 è morto a Parigi a 83 anni lo scrittore Emile M. Cioran. non era di Basagliapenta e neanche friulano, ma era della grande parrocchia dei disperati e parlava il linguaggio universale del dolore. Difronte a uno che soffre, il cristiano deve tirarsi giù il cappello come davanti a un Cristo, perché sono parenti, anche se non si conoscono. La croce non è mai lontana dal Signore.
Mi ha regalato i suoi libri un mio amico medico, da leggere solo un piccolo pezzo alla volta, come le gocce di un veleno. E Cioran è un veleno, iniziando dai titoli: Squartamento, La tentazione di esistere, Il destino doloroso, Lacrime e santi, L’inconveniente di essere nati eccetera. Pagine di una lucidità tremenda e di una tragicità immensa, che ti fanno diventare pensieroso e pietoso. Dal momento che nessuno riesce a esprimere proprio tutta la sua disperazione, quanta ne aveva avuta il povero Cioran! La allegria, dice Oscar Wilde, può essere falsa, ma la maschera del dolore è sempre autentica.
La vita di Cioran è stata segnata fin dall'infanzia. Era amico del becchino del suo paese, che gli regalava i teschi dei morti perchè giocasse. La sua tragedia è iniziata sui venti anni, con l’insonnia. Per anni ha girovagato per le strade desolate di Sibiu, in Romania, con una tensione nervosa al limite delle forze umane. Il sonno ti permette di spartire la vita in fatica e riposo e di covare un'illusione per il domani. Non dormendo mai, devi guardare la realtà continuamente, senza soste e senza illusioni. questa lucidità, trasformata in superbia (“io sono l’unico che può spiare la vita senza essere spiato”), gli ha dato la carica di vivere, ma in estrema solitudine e ripulso degli uomini.
Neanche sua madre non ha saputo o è arrivata a capirlo. “Se sapevo ciò, abortivo!” gli ha risposto. “Dal momento che sono un incidente, mi ritengo libero nei confronti del mondo e della storia” le ha risposto.
L’ironia del destino ha voluto che morisse senza accorgersi a causa dell' Alzheimer, lui che aveva scritto: “Si può sopportare la vita solo perché si ha sempre la possibilità di farla finita”.
Cioran fa parte di una grande famiglia: Giobbe, Qoelet, Leopardi e tanti altri, conosciuti e sconosciuti, che hanno avuto il destino di guardare in faccia l’aspetto più brutto della realtà: la sua inutilità, le sue illusioni, la sua crudeltà, il suo accanirsi sui più sfortunati. Ha spogliato senza pietà la religione, la filosofia e la storia, palesando le tante falsità. In questo è moderno, perché mai come oggi la vita si presenta come peso e fatica.
“E la fede dove la mettiamo?” dirà il solito cattolico benpensante e pasciuto. La fede non toglie la tragicità della vita e può legarsi benissimo o prendere il gancio proprio nella assurdità di tante esistenze. Il discorso della fede rimane aperto e non viene dalla razionalità ma dalla compassione di Dio.
Personalmente, davanti da un ottimisimo di facciata e ad una allegria volgare e patetica, propagandata soprattutto da una televisione che fa pena nel suo sforzo patetico di fare ridere, preferisco la lucidità disperata di Cioran, tanto più dignitosa. Una lacrima vera è sempre preferibile a una risata falsa.
Spero che il Signore colmi di luce questa anima tormentata che ha dovuto andare avanti nel buio come le talpe sotto terra. Chi ha più diritto di lui e di quelli come lui, che Dio ci manda per richiamarci alla serietà e alla problematicità dell'esistenza? Poche volte la preghiera cristiana ha avuto un significato così denso: “Requiem, riposa, riposa finalmente in pace!”.

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