mercoledì 7 novembre 2012

45 Una spada nel cuore

45 Una spada nel cuore
Nel cantare il vangelo di Luca (2,22-38) che ci mostra la processione della vita che entra nel tempio contornata dalla vita che si sta chiudendo, Simeone e Anna, o vorrebbe l'occhio e il cuore su quella persona che, stringendo il suo bambino, porta simbolicamente tutta la vita. Intendo Maria e tutte le madri, che hanno il destino di generare la vita e la responsabilità di crescerla e di offrirla al mondo. L’avvenire della umanità non è nè nei parlamenti nè nelle fabriche nè nelle curie ma sulle ginocchia delle madri. L'ha detto il Concilio Vaticano II.
Perché non sentiamo la grandezza di questa missione? Perché non aiutiamo questa creatura in un compito senza pari per difficoltà, e che interessa tutti? Perché tutto proviene dalla madre, tanto dalla madre terra che dalla madre fisica. E solitamente la più usata, maltrattata, dimenticata dopo il bisogno è proprio lei, la madre terra e la madre fisica.
Sentendo le parole crude e vere del vecchio Simeone, non posso non pensare a mia madre e a tutte le madri, conosciute e non. Io, i figli del mio paese, ogni figlio che viene nel mondo è di consolazione o di disperazione per sua madre, di rovina o di resurrezione? Mia madre e tutte le madri, pensando a me e ai loro figli, cosa gli viene nel cuore? “Benedetto il giorno in cui è nato!” o “Non lo avessi mai generato!”?. Perché, quando il cuore è troppo gonfio e il peso ti schiaccia, ti viene anche di fare ciò che nessun istinto ti spinge a fare: rinnegare e maledire la tua creatura, il tuo sangue.
E mai come oggi il mestiere della madre è difficile, problematico, ingrato e svolto in solitudine. Perché tutti aspettano da lei e tutti le fanno prediche, pronti a condannarla, quando (e chi non sbaglia mai?) sbaglia in qualcosa. Allora il marito le dice che rovina i bambini, il maestro e il professore le dicono che non gli sta sufficientemente sotto, il prete dice che non ha religione e sta uccidendo l’anima del figlio. E ogni giudizio negativo, soprattutto quando ce l' ha messa tutta e le scelte, da fare, sono difficili e contraddittorie e le soddisfazioni poche e nessuna, si tramutano in una spada che trafigge l’anima della madre fuori per fuori. L’Addolorata di Madonna delle Grazie ha sette spade e tutti vanno a pregarla e a condolersi con lei. Credo che qualunque madre seria e cosciente non ne abbia di meno, anche se nessuno l'avvicina con una parola di conforto e gratitudine per avere accettato un compito così tremendo.
Sento tanti preti prendersela stupidamente con le madri di adesso. “Madri assassine!” ha detto loro, uno. Intanto non si dovrebbe parlare di ciò di cui non si ha esperienza. Inoltre dico che una madre di oggi si trova ad affrontare problemi che quelle di una volta neanche si sognavano. E potevano anche illudersi di vedersi ricambiato l’affetto e l’assistenza, mentre anche la madre più ingenua di oggi sa che dovrà vedere del figlio o della figlia finchè potrà trascinarsi, senza pretendere nè un sorso d' acqua da viva nè una messa dopo morta. Perché i figli ne hanno a sufficienza per pensare per sè.
Una volta, il vescovo mi ha detto che è difficile fare il vescovo. Gli ho risposto che fare il prete è più difficile e più difficile di tutti è fare il genitore. Perché noi abbiamo la teoria e loro devono fare le scelte concrete e tenersi i figli anche e soprattutto quando nessun vuole averli. Un vescovo e un prete possono avere un attimo di delusione e di rabbia. Non hanno sicuramente la spada che li fora senza sosta il cuore. Allora, più che fare le prediche alle madri, chiediamo che ci facciano loro la predica a noi. Sulla pazienza e la gratuità.

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