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Una spada nel cuore
Nel
cantare il vangelo di Luca (2,22-38) che ci
mostra la processione della vita che entra nel tempio contornata
dalla vita che si sta chiudendo, Simeone e Anna, o vorrebbe l'occhio
e il cuore su quella persona che, stringendo il suo bambino, porta
simbolicamente tutta la vita. Intendo Maria e tutte le madri, che
hanno il destino di generare la vita e la responsabilità di
crescerla e di offrirla al mondo. L’avvenire della umanità non è
nè nei parlamenti nè nelle fabriche nè nelle curie ma sulle
ginocchia delle madri. L'ha detto il Concilio Vaticano II.
Perché
non sentiamo la grandezza di questa missione? Perché non aiutiamo
questa creatura in un compito senza pari per difficoltà, e che
interessa tutti? Perché tutto proviene dalla madre, tanto dalla
madre terra che dalla madre fisica. E solitamente la più usata,
maltrattata, dimenticata dopo il bisogno è proprio lei, la madre
terra e la madre fisica.
Sentendo
le parole crude e vere del vecchio Simeone, non posso non pensare a
mia madre e a tutte le madri, conosciute e non. Io, i figli del mio
paese, ogni figlio che viene nel mondo è di consolazione o di
disperazione per sua madre, di rovina o di resurrezione? Mia madre e
tutte le madri, pensando a me e ai loro figli, cosa gli viene nel
cuore? “Benedetto il giorno in cui è nato!” o “Non lo avessi
mai generato!”?. Perché, quando il cuore è troppo gonfio e il
peso ti schiaccia, ti viene anche di fare ciò che nessun istinto ti
spinge a fare: rinnegare e maledire la tua creatura, il tuo sangue.
E
mai come oggi il mestiere della madre è difficile, problematico,
ingrato e svolto in solitudine. Perché tutti aspettano da lei e
tutti le fanno prediche, pronti a condannarla, quando (e chi non
sbaglia mai?) sbaglia in qualcosa. Allora il marito le dice che
rovina i bambini, il maestro e il professore le dicono che non gli
sta sufficientemente sotto, il prete dice che non ha religione e sta
uccidendo l’anima del figlio. E ogni giudizio negativo, soprattutto
quando ce l' ha messa tutta e le scelte, da fare, sono difficili e
contraddittorie e le soddisfazioni poche e nessuna, si tramutano in
una spada che trafigge l’anima della madre fuori per fuori.
L’Addolorata di Madonna delle Grazie ha sette spade e tutti vanno a
pregarla e a condolersi con lei. Credo che qualunque madre seria e
cosciente non ne abbia di meno, anche se nessuno l'avvicina con una
parola di conforto e gratitudine per avere accettato un compito così
tremendo.
Sento
tanti preti prendersela stupidamente con le madri di adesso. “Madri
assassine!” ha detto loro, uno. Intanto non si dovrebbe parlare di
ciò di cui non si ha esperienza. Inoltre dico che una madre di oggi
si trova ad affrontare problemi che quelle di una volta neanche si
sognavano. E potevano anche illudersi di vedersi ricambiato l’affetto
e l’assistenza, mentre anche la madre più ingenua di oggi sa che
dovrà vedere del figlio o della figlia finchè potrà trascinarsi,
senza pretendere nè un sorso d' acqua da viva nè una messa dopo
morta. Perché i figli ne hanno a sufficienza per pensare per sè.
Una
volta, il vescovo mi ha detto che è difficile fare il vescovo. Gli
ho risposto che fare il prete è più difficile e più difficile di
tutti è fare il genitore. Perché noi abbiamo la teoria e loro
devono fare le scelte concrete e tenersi i figli anche e soprattutto
quando nessun vuole averli. Un vescovo e un prete possono avere un
attimo di delusione e di rabbia. Non hanno sicuramente la spada che
li fora senza sosta il cuore. Allora, più che fare le prediche alle
madri, chiediamo che ci
facciano loro la predica a noi. Sulla pazienza e la gratuità.
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