01
La benedizione
Secondo
la tradizione rabbinica, nel tempio di Gerusalemme, al termine
delle funzioni o dei sacrifici, i sacerdoti impartivano ai figli di
Israele una benedizione, divenuta in seguito come benedizione
quotidiana alla fine del sacrificio serale e dunque della giornata.
La Chiesa Cattolica l'ha posta nella messa del primo dell' anno. "Che
il Signore ti benedica e ti protegga. Che il Signore faccia
risplendere sopra di te il suo volto e ti conceda la sua grazia. Che
il Signore rivolga a te il suo volto e ti di dia la pace" (Nm 6,
24-26). Non potrebbero trovare parole più profonde e beneauguranti
per una vita che inizia o più consolanti per una che si chiude.
"Che
il Signore ti benedica" significa: "Che il Signore possa
dire bene di te". nel senso che sia contento di te e sia
orgoglioso di averti pensato e voluto. Che ti guardi con lo stesso
affetto e con la stessa intensità di un padre e di una madre che
guardano per la prima volta, con sorpresa e con incanto, la loro
creatura appena nata. Che si nutrono gli occhi e si consoli il cuore
nel guardarti. Che non possa stare senza guardarti. Che non si
stanchi di guardarti e di godere per ciò che tu pensi, che tu dici,
che tu fai. Che guardi ognuno di noi con gli stessi occhi con cui ha
guardato il suo figlio primogenito quando ha detto: "Tu sei il
mio figlio più caro, in cui ho riposta tutta la mia contentezza"
(Mc 1, 11).
Credo
però che la benedizione di Dio per bocca dei preti significhi anche
qualcosa altro. Che possono dire bene di gli uomini, tutti gli
uomini, a partire da quelli che il destino o la provvidenza ti ha
posto accanto come compagni di ventura. E mentre dicono bene di noi
quelli che ci conoscono perché hanno occasione di vederci in dalgò.
Ma quelli al di fuori potrebbero anche avere una idea falsata di noi,
soprattutto quando uno è capace di raccontarla o i rapporti sono
superficiali. Mi è capitato più volte di dire: "Che bravo
uomo!" e di sentirmi rispondere dalla moglie: Glielo darei a lui
da provare!". O mentre mi complimento di una donna sentirmi
rispondere dal uomo: "Se l'avesse lui, non resisterebbe tre
giorni con quella bestia li!". Per questo è importante, anzi
fondamentale che parlino bene di noi quelli che ci conoscono bene,
per il fatto che, come dicevano gli avi, "mangiamo sale
insieme". è fondamentale che sia la moglie la prima a parlare
bene di suo uomo, e il marito di sua moglie. Anche col passare degli
anni. Soprattutto col trascorrere degli anni, quando l'amore
perfeziona e smussa ogni durezza. Così i figli sono i più
qualificati a dare un giudizio di merito o di demerito sui genitori e
viceversa. Per la stessa ragione, è giusto che siano i parrocchiani
a dire bene del loro prete e non gli estranei. E lui di loro. Così i
malati del loro medico o infermiere, gli scolari del loro maestro o
professori, i lavoratori del loro superiore o datore di lavoro.
Questa relazione autentica e vitale è la prima condizione per un
vivere positivo e godibile. Soprattutto oggi che,tante volte, o
sempre, i rapporti sono diventati virtuali e dunque falsi, perché
sono fondati su l'apparenza, l'apparizione televisiva, la chiacchiera
medianica.
Mi
piace tanto quella usanza, che si vede nei film americani, quando
seppelliscono un morte. Il prete, cattolico o protestante che, legge
un salmo o una preghiera e poi parlano del morto quelli che lo hanno
conosciuto meglio. E ognuno racconta un aneddoto significativo o
simpatico del morto, secondo la regola romana: "della mortuis,
nihil nisi bonum", "Dei morti solo bene". Invece qui
da noi tocca sempre più spesso raccontare frottole o parlare del
tempo.
Nessun commento:
Posta un commento