sabato 18 gennaio 2014

03 Il pastore e la Bibbia


03 Il pastore e la Bibbia

Il pastore Eberhard Bethge,nella sua grande biografia dello zio diventato, il teologo e martire Dietrich Bonhoeffer, parla di un trattato di omiletica, dove il padre della Bekennende Kirche o chiesa confessante analizza il suo modo di predicare e quello dei suoi studenti. La prima predica, naturalmente, non viene tanto dal modo di parlare più o meno ispirato, ma dal modo di vivere, più o meno coerente e degno di meritare la fede della gente. Di li il dovere, per ogni persona che ha la missione difficile e delicata di predicare la parola, di confrontarsi per prima con la parola stessa, di pregare e di meditare.

Il capitolo "il pastore e la Bibbia" è diviso in tre parti: la Scrittura sul pulpito, la Scrittura sul banco di scuola, la Scrittura sul comodino. E' chiaro che il punto più alto e importante è il primo, quello dal pulpito, ma quello non ha senso o è sterile se non è accompagnato dagli altri due.

La Bibbia sul banco di scuola si riferisce allo studio profondo, sistematico, libero e appassionato che ogni pastore deve fare su di un libro tanto importante e vitale. Si sa che la Bibbia è ispirata e sicura nelle questioni che riguardano la salvezza, ma è anche un libro scritto in un popolo e in un tempo e va studiata secondo tutte le regole ermeneutiche ed esegetiche. per capire il più possibile in che contesto il pezzo è nato e ciò che vuole trasmetterci. Don Milani diceva che noi preti dobbiamo spiegare bene ciò che dice il vangelo, non fare applicazioni o commenti o digressioni. La Scrittura parla sola.

La Bibbia però non è solo un libro di studio, ma il libro di preghiera, di meditazione, di confronti e di conversione. Non va solo studiata ma va anche pregata. Avere la Bibbia sul comodino, come lume che illumina la mia notte spirituale, come fontana che spegne la mia sete, come unguento che medica la ferita del mio cuore. Il pastore è pastore per gli altri, ma davanti di Dio è pecora come tutti e deve cercare come tutti le acque fresche e le erbe verdi, per sostentare la sua anima. Noi preti rischiamo di essere quelli che più parlano di preghiera e meno pregano; quelli che più dicono ciò che va fatto e quelli che meno lo fanno. Parliamo di Dio ma non con Dio e soprattutto non lasciamo parlare Dio nella meditazione. Bisogna tornare ad avere la Bibbia sul comodino, per addormentarsi e svegliarsi con lei.

Quando un pastore ha studiato la Bibbia e l'ha pregata, ha diritto, con la grazia dal Signore, di predicarla. E' la Bibbia sul pulpito. E qui un uomo studiato, un intellettuale di valore come Bonhoeffer, palesa tutta la sua fede nella parola che viene predicata. Davanti a qualunque oratore, magari l'ultimo dei suoi studenti, lui si pone in atteggiamento di umiltà come davanti a Cristo. Perché è Cristo, in quel momento, che parla e opera nella Chiesa. "La Chiesa predica alla Chiesa; la predica esiste per il fatto che esiste la Chiesa e la predica esiste perchè ci sia la Chiesa". "Non c'è niente di più concreto della voce di Cristo presente nella predica". Qui è chiara la sua fede luterana, che si fonda sulla parola.

Questa fede sulla virtù intrinseca della parola lo portava a dire che la predica non va analizzata ma solo ascoltata. perché Cristo è maestro e parla con la voce del pastore. Difatti ascoltava le prediche dei suoi studenti, anche dei più timidi e ingarbugliati, come se a parlare fosse stato un padre della chiesa, anzi Cristo in persona. Una buona lezione di umiltà per quelli che ascoltano e soprattutto una lezione di responsabilità per quelli che amministrano la parola.


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