03
Il pastore e la Bibbia
Il
pastore Eberhard Bethge,nella sua grande biografia dello zio
diventato, il teologo e martire Dietrich Bonhoeffer, parla di un
trattato di omiletica, dove il padre della Bekennende Kirche o
chiesa confessante analizza il suo modo di predicare e quello dei
suoi studenti. La prima predica, naturalmente, non viene tanto dal
modo di parlare più o meno ispirato, ma dal modo di vivere, più o
meno coerente e degno di meritare la fede della gente. Di li il
dovere, per ogni persona che ha la missione difficile e delicata di
predicare la parola, di confrontarsi per prima con la parola stessa,
di pregare e di meditare.
Il
capitolo "il pastore e la Bibbia" è diviso in tre parti:
la Scrittura sul pulpito, la Scrittura sul banco di scuola, la
Scrittura sul comodino. E' chiaro che il punto più alto e importante
è il primo, quello dal pulpito, ma quello non ha senso o è sterile
se non è accompagnato dagli altri due.
La
Bibbia sul banco di scuola si riferisce allo studio profondo,
sistematico, libero e appassionato che ogni pastore deve fare su di
un libro tanto importante e vitale. Si sa che la Bibbia è ispirata e
sicura nelle questioni che riguardano la salvezza, ma è anche un
libro scritto in un popolo e in un tempo e va studiata secondo tutte
le regole ermeneutiche ed esegetiche. per capire il più possibile in
che contesto il pezzo è nato e ciò che vuole trasmetterci. Don
Milani diceva che noi preti dobbiamo spiegare bene ciò che dice il
vangelo, non fare applicazioni o commenti o digressioni. La Scrittura
parla sola.
La
Bibbia però non è solo un libro di studio, ma il libro di
preghiera, di meditazione, di confronti e di conversione. Non va solo
studiata ma va anche pregata. Avere la Bibbia sul comodino, come lume
che illumina la mia notte spirituale, come fontana che spegne la mia
sete, come unguento che medica la ferita del mio cuore. Il pastore è
pastore per gli altri, ma davanti di Dio è pecora come tutti e deve
cercare come tutti le acque fresche e le erbe verdi, per sostentare
la sua anima. Noi preti rischiamo di essere quelli che più parlano
di preghiera e meno pregano; quelli che più dicono ciò che va fatto
e quelli che meno lo fanno. Parliamo di Dio ma non con Dio e
soprattutto non lasciamo parlare Dio nella meditazione. Bisogna
tornare ad avere la Bibbia sul comodino, per addormentarsi e
svegliarsi con lei.
Quando
un pastore ha studiato la Bibbia e l'ha pregata, ha diritto, con la
grazia dal Signore, di predicarla. E' la Bibbia sul pulpito. E qui un
uomo studiato, un intellettuale di valore come Bonhoeffer, palesa
tutta la sua fede nella parola che viene predicata. Davanti a
qualunque oratore, magari l'ultimo dei suoi studenti, lui si pone in
atteggiamento di umiltà come davanti a Cristo. Perché è Cristo, in
quel momento, che parla e opera nella Chiesa. "La Chiesa predica
alla Chiesa; la predica esiste per il fatto che esiste la Chiesa e la
predica esiste perchè ci sia la Chiesa". "Non c'è niente
di più concreto della voce di Cristo presente nella predica".
Qui è chiara la sua fede luterana, che si fonda sulla parola.
Questa
fede sulla virtù intrinseca della parola lo portava a dire che la
predica non va analizzata ma solo ascoltata. perché Cristo è
maestro e parla con la voce del pastore. Difatti ascoltava le
prediche dei suoi studenti, anche dei più timidi e ingarbugliati,
come se a parlare fosse stato un padre della chiesa, anzi Cristo in
persona. Una buona lezione di umiltà per quelli che ascoltano e
soprattutto una lezione di responsabilità per quelli che
amministrano la parola.
Nessun commento:
Posta un commento