sabato 11 gennaio 2014

02 Nell'alba eterna

02 Nell'alba eterna
"Il popolo che camminava nelle tenebre vide un gran chiarore; sopra gli abitanti di quella che era stata una terra buia, si è accesa una luce" (Is 9, 1). sono le parole di Isaia che la Chiesa legge la notte di Natale e che abbiamo pensato di leggere, a nostro conforto, nella liturgia di commiato di Rosalba Rossi, nella chiesa di Rodeano Basso. perché in quel martedì 3 di gennaio, grande era la folla di gente venuta da ogni parte a tenere compagnia a questa famiglia splendida e provata ma ancora più grande era la commozione e il dolore per una figlia, una moglie e una madre che chiudeva la sua giornata terrena.
Profondo era il buio nel cuore di Gianni, suo marito, che ha diviso con lei il male e l'ospedale e che non ha potuto neanche essere presente per darle l'ultimo saluto. Grande era il dolore dei figli, che dovevano domandarsi il perché di tutto quel male che era piombato sulla loro famiglia, che senso poteva avere, se mai aveva un senso, e che colpa potevano avere per essere provati in quella maniera. Perché il dolore fisico ti fa penare anche l'anima e il male del corpo ti fa ammalare anche lo spirito. E ti vengono mille dubbi e ribellioni. Immenso era il buio anche nel cuore dei fratelli di Villacaccia e soprattutto di Amabile, la madre, che, come e più di Abramo, per la seconda volta è stata chiamata a consegnare una sua creatura a colui che è padrone della vita e della morte e che ci dà i figli, ma ci ricorda che non sono nostri ma suoi.
Abbiamo scelta la lettura di Natale anche per il fatto che, per i cristiani, la vera natività non è quando si aprono gli occhi su questo mondo, ma quando si chiudono e si nasce all'eternità. E la morte, questo buio più denso di ogni scuro, viene illuminato dalla speranza, dalla promessa, dalla sicurezza della resurrezione e dunque dalla luce che non conosce tramonto.
E' poco e ci sarebbe tanto da dire su questa madre premurosa e affettuosa, su questa moglie che dimentica il suo male per vedere del male del marito e di lui, che cerca di nascondere il suo male per non impressionare e fare patire la moglie, una gara spasmodica di sensibilità e di solidarietà. L'avevano chiamata Rosalba, nome che ci richiama la luce che pone fine alla notte per iniziare una nuova giornata e anche il colore delicato di questa ora unica dell'aurora. Per dire che ogni creatura che nasce porta in famiglia la luce del giorno e il colore delicato dell' amore. Ebbene Rosalba ha mantenuto per tutta la vita il significato dal suo non, portando luce delicata e serena a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarla e di vivere con lei. E' entrata nell'alba eterna a 52 anni, perché ha finito presto il suo solco, come uno che finisce prima dell'ora perché ci ha dato sotto con più vigoria e passione.
Il vangelo ci parla di Maria che "custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19) e dei pastori che "tornavano indietro glorificando e lodando Dio per tutto ciò che avevano sentito e visto" (v 20). Voglio sperare che la gente che ha partecipato a questa esperienza di fede e di dolore saprà meditare su di un caso così esemplare e racconterà di Carlo e Carla che hanno saputo stare vicino con tanto cuore e tanta premura al padre e alla madre malati. E questo va gridato a un mondo che ci mostra solo famiglie allo sfascio e figli senza cuore.
A Rosalba, che è nella luce, nella pace e nella vita, chiediamo di regalarci una raggio di luce, un po' di pace e soprattutto la voglia di vivere.

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