sabato 15 febbraio 2014

07 A proposito di polli

07 A proposito di polli
Di quel poco o niente di sloveno che si studiava, con poca voglia e nessuna serietà in seminario, mi resta un proverbio: "Dohvnikov trebuh è britov petelinov", "la pancia dei preti è il cimitero dei polli". Mi ricordo anche di avere acquistato ad Assisi, con grande confusione di quello che me lo vendeva, un quadretto di ceramica con scritto: "Preti e polli non sono mai satolli". Rientrando nella categoria, avrei dovuto avere un rapporto continuativo e alternativo con la carne bianca, ma la realtà è stata differente. Da bambino gli unici polli che mi ricordo sono quelli nelle mani, negli inverni freddi di quegli anni. Poi mi sono adattato come tutti, anche se non faccio una malattia per la carne di piuma.
Parlo di polli perché anche io faccio parte, nel bene e nel male, di quella umanità matta che si sta comportando in maniera sempre più stupida e irrazionale da quando il condizionatore massmediatico ci ha spaventati con "l'aviaria" o "moria di polli", dopo averci terrorizzati con la bistecca delle vacche andate fuori di testa. Non vorrei che gli allevatori di bovini avessero reso la farina agli allevatori di polli che li avevano mandati in malora qualche anno addietro. La storia dei polli sta mettendo in ginocchio una fascia importante della nostra produzione, con tanta gente senza lavoro e migliaia di tonnellate che restano invendute, a patto che non le spediscano, come sempre, nel terzo mondo, dove non hanno tempo di guardare la televisione perché non ce l'hanno e sentono più la fame che i comunicati. Tutto questo per una paura immotivata, come si dannano a spiegarci ogni sera, dicendo che la carne, cotta, è sicura e anche le uova sono a posto. Non saranno come quelli delle galline di mia nonna, che andava ognì giorno col dito a provare se l'uovo era in punta e poi ce lo presentava tutto smerdato sulla tavola, ma non sono male.
La paura, in questo caso la superstizione, ha fatto crollare il consumo di carne del 70% e, se tu gli presenti una coscia di pollo, ti saltano sulla sedia come se avessero trovato una bomba. Gran parte di quelli che non vogliono saperne dei polli, mangiano qualunque porcheria, e schifezza e affrontano rischi ben più grandi: correre come forsennati con auto e moto, bere, fumare o appartarsi dietro siepi con clienti che sgattaiolano per le strade della città. Li non ci sono paure che tengono, per dire quanto siamo mal messi, non con i polli, ma con la testa.
Tornando alle povere bestie sotto processo, mi verrebbe da dire che la cosa va ribaltata. Non siamo noi che dobbiamo guardarci dai polli, ma sono i polli ch devono guardarsi dall' uomo. E' una vergogna vedere questi allevamenti dove sono stivati migliaia e migliaia di bestioline, senza nessuna o con minime possibilità di movimento, obbligate a mangiare giorno e notte perché devono ingrassarsi entro tanto tempo altrimenti il padrone ci rimette. E per risparmiare e guadagnare, si è sentito di gente senza coscienza che fa ingoiare anche olio di auto e roba marcia o cancerogena. Ho letto che, da qualche parte, gli inchiodano le zampe con le puntine per obbligarli a stare fermi e, per avere il fegato ingrassato, per cui i francesi diventano matti, ubriacavano le oche di vino e di aceto da fare scoppiare il fegato. E dopo le torture, quando si ammalano, non hanno neanche l'umanità di ucciderli per non farli soffrire ma, come si è visto troppo volte, li sotterrano vivi. Che vergogna, che scandalo, che barbarie!
Ho parlato di superstizione. Che non significa credere troppo, ma credere stupidamente. E più stupida è la cosa e più si crede. E più credono tutti e più si va dietro come pecore. Anzi come oche. Le oche più oche e più pericolose sono di sicuro quelli fuori dalla gabbia.

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