domenica 1 giugno 2014

22 Nella squadra di Dio

22 Nella squadra di Dio
Dice la Bibbia che tutte le cose hanno due facce. Così uno che ci vede entrare nell'ospedale un giorno sì e un giorno no per travasare il sangue, può pensare: "che fortunati che sono: possono andare a bere a una fontana che salva loro la vita". E un altro può correggerlo: "ma no! Non vedi, poveri, che sono in lista per la corriera che li conduce via!". E, a dire la verità, ci sono ragioni tanto da una parte che dall'altra. La dialisi ci permette di tirare avanti, ma la cronicità dal male ci conduce via. In poco tempo la corriera è passata tre volte. L'ultima sosta è stata la più dolorosa, perché ci ha condotto via un giovane, Giacomo.
Lo avevo salutato come ogni volta nel lunedì, alla fine della dialisi e, dato che un mio amico si lamentava delle sue dolenzie, gli ho detto: "Non fare quella vita! guarda Giacomo che serenità ha e che esempio ci dà". pòi gli ho fatto: "Mandi, Giacomo!". E lui: "Ciao, Bellina!". chi pensava che aveva ancora una giornata di vita?
In effetti i suoi malanni erano tanti, aumentavano a dismisura e venivano da lontano. Questo giovane innamorato della vita, appassionato di sport e tutto ciò che di bello ti puoi trovare sul fior fiore della gioventù, colonna della squadra di calcio del Bearzi, ha iniziato il suo calvario a 16 anni, con un malore al termine di una partita, e la dialisi. Nel 1984 uno sprazzo di salute: un trapianto di reni gli torna a fare splendere il sole. Ma cinque anni dopo si trova come prima e peggio di prima, con le complicazioni. La prima e più brutta quella di dovere adoperare le stampelle. Arrivava per primo con la sua auto sempre in ordine, col giornale sotto il braccio, lungo e secco come un pennello, gli occhi sereni anche se velati di malinconia e con un ridere misurato. Mai un lamento, mai una malegrazia, mai una ribellione. Anche quando la dialisi diventava una tortura. Ci voleva bene e noi gli volevamo bene, cercando di spartire assieme la nostra esperienza e di darci una mano col calore della solidarietà e dell'affetto. La fine è giunta improvvisa mercoledì sera. Lo hanno sepellito sabato scorso. Quelli che lo hanno visto nell'ultimo sonno, sono rimasti impressionati dalla sua serenità. Come uno che toglie dalla schiena una croce portata troppo a lungo e troppo calcata, e tira fiato.
La prima giornata senza Giacomo eravamo sconfortatati e non riuscivamo a darci pace, anche se poche volte la morte è stata una liberazione meritoria come in questo caso. Ognuno covava i suoi pensieri. A un certo punto, uno dice: "Sento che Giacomo è con noi, in giro per la stanza". Dopo un'eternità, un altro dice: "Questo è un caso di cui scrivere: Santo subito!". E di nuovo zitti, a pensare a uno che non è più con noi, che è stato tanto con noi e che non è andato dal tutto.
In questi giorni che ci preparano alla Ascensione, la liturgia ci fa leggere le parole di Gesù: "Il vostro cuore è gonfio di avvilimento. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi che io parta" (Gn 16, 6-7). Mi piacerebbe che i genitori e i fratelli e i tanti amici di Giacomo riuscissero a leggere con la luce della fede questo suo allontanarsi da un mondo di dolore per un mondo di libertà e di contentezza, come una vacanza eterna. E chi lo merita più di lui, che ha tribolato 28 anni su 44?
Il Signore, col suo modo misterioso di volerci bene, ha lavorato alla perfezione questo suo figlio e lo ha spurgato a lungo nel forno della passione, per farlo diventare un diamante perfetto e splendente. Una punta di diamante Nella squadra degli angeli e dei santi. Mandi, campione!

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