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In coda per il Codice
E'
inutile mettere la testa nella sabbia per non vedere la realtà: 50
milioni di copie in tutto il mondo e la gente in coda per vedere un
film ancora più sballato del libro sono una buona sberla. alla
serietà della gente, alla coerenza dei cristiani e di quelli che, in
generale, cercano la verità, alla forza di persuasione degli
intellettuali e dei maestri in fatto di religione e di fede. Il
segretario della Congregazione per la dottrina della fede ha mandato
fuori un documento dove spiega e contesta una per una le teorie
sballate di Dan Brown e le falsità evidenti con la tradizione
culturale cristiana, le incongruenze e le assurdità storiche;
vescovi e cardinali e preti e perfino una organizzazione potente e
influente come l'Opus Dei, chiamata in causa senza nessuna logica,
hanno avvisato e straavvertito che si trattava non solo di un falso
ma di una offesa alla ragione e alla religione. Ebbene tanto clamore
e tante prediche, sacrosante, non hanno fermato nessun curioso dal
comprarsi il libro o di buttare via i soldi per il cinema. Che anzi
la proibizione e le raccomandazioni della gerarchia hanno fatto da
cassa di risonanza, trasformando una banalità in un evento mondiale.
Davanti
a questo flop generale, dobbiamo porci qualche domanda e tirare
qualche conclusione. La prima, scontata ma non troppo. Che nessuna
proibizione ha mai fermato nessuno. Non lo faceva per verità, quando
valeva il principio di autorità e lo farà tanto meno adesso, che
vale il principio "proibito proibire". Allora la Chiesa
deve tacere? No. Deve parlare, ma sapendo che non fermerà nessun
curioso e ingenuo. Deve dire la sua ma senza insistere troppo, senza
fare campagne tipo "Esercito della salvezza", senza nessuna
crociata moralistica. Deve spendere sulla promozione, non sulla
proibizione. Deve investire sugli svelti, che saranno sempre
minoranza, e non sugli stupidi, che saranno sempre maggioranza. Più
che mettere recinti o reticolati o staccionate, perché le pecore non
scappino, deve creare un clima positivo, bello, sereno, di modo che
non abbiano nessun prurito di scappare, sapendo che mollerebbero il
più per il meno.
Che
la gente preferisca le fiabe, più golose, alla verità, più
faticosa, non è di questa nostra società postmoderna e
postcristiana. Lo scriveva già San Paolo al suo discepolo Timoteo:
"per i loro pruriti, si tireranno vicino una folla di maestri
che gli lisceranno le orecchie e così non vorranno più saperne di
ascoltare la verità per andare dietro alle fandonie" (2 Tm 4,
3-4). Pinocchio, che vende il sillabario per andare a vedere i
burattini, è un modello imperante e sempre attuale. Se uno vuole
andare a fondo nella storia di Cristo e del suo mistero, non va da
Dan Brown, ma da Matteo, Marco, Luca e Giovanni e dai padri della
chiesa e dai santi.
Il
caso ci fa capire quanto
poca è la preparazione e il fondamento culturale dei nostri popoli
"cristiani", e quanto poco siano in sotto sono le nostre
"radici cristiane". per dire che il lavoro di
coscientizzazione e di acculturizzazione è sempre da fare. perciò
si deve investire in formazione e cultura più che in manifestazioni
megagalattiche. Bisogna resistere alla tentazione di allungare
l'acqua della verità o di gasarla per vedere le bollicine.
Ma
una domanda devo farmela e farla. Se un autore furbo e poco serio
riesce a farsi leggere e guardare da milioni di persone raccontando
un sacco di balle, perché i nostri teologi e intellettuali cattolici
non sono capaci di raccontare la grande e bella verità di Cristo con
la stessa grazia e con lo stesso incanto? Perché noi dobbiamo
riuscire, o almeno tentare una comunicazione golosa, splendente, del
mistero di Cristo? Perché la verità deve essere meno bella della
bugia? Perché noi cattolici dobbiamo avere solo documenti bavosi e
non troviamo un Dan Brown?
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