sabato 7 giugno 2014

23 In coda per il Codice

23 In coda per il Codice
E' inutile mettere la testa nella sabbia per non vedere la realtà: 50 milioni di copie in tutto il mondo e la gente in coda per vedere un film ancora più sballato del libro sono una buona sberla. alla serietà della gente, alla coerenza dei cristiani e di quelli che, in generale, cercano la verità, alla forza di persuasione degli intellettuali e dei maestri in fatto di religione e di fede. Il segretario della Congregazione per la dottrina della fede ha mandato fuori un documento dove spiega e contesta una per una le teorie sballate di Dan Brown e le falsità evidenti con la tradizione culturale cristiana, le incongruenze e le assurdità storiche; vescovi e cardinali e preti e perfino una organizzazione potente e influente come l'Opus Dei, chiamata in causa senza nessuna logica, hanno avvisato e straavvertito che si trattava non solo di un falso ma di una offesa alla ragione e alla religione. Ebbene tanto clamore e tante prediche, sacrosante, non hanno fermato nessun curioso dal comprarsi il libro o di buttare via i soldi per il cinema. Che anzi la proibizione e le raccomandazioni della gerarchia hanno fatto da cassa di risonanza, trasformando una banalità in un evento mondiale.
Davanti a questo flop generale, dobbiamo porci qualche domanda e tirare qualche conclusione. La prima, scontata ma non troppo. Che nessuna proibizione ha mai fermato nessuno. Non lo faceva per verità, quando valeva il principio di autorità e lo farà tanto meno adesso, che vale il principio "proibito proibire". Allora la Chiesa deve tacere? No. Deve parlare, ma sapendo che non fermerà nessun curioso e ingenuo. Deve dire la sua ma senza insistere troppo, senza fare campagne tipo "Esercito della salvezza", senza nessuna crociata moralistica. Deve spendere sulla promozione, non sulla proibizione. Deve investire sugli svelti, che saranno sempre minoranza, e non sugli stupidi, che saranno sempre maggioranza. Più che mettere recinti o reticolati o staccionate, perché le pecore non scappino, deve creare un clima positivo, bello, sereno, di modo che non abbiano nessun prurito di scappare, sapendo che mollerebbero il più per il meno.
Che la gente preferisca le fiabe, più golose, alla verità, più faticosa, non è di questa nostra società postmoderna e postcristiana. Lo scriveva già San Paolo al suo discepolo Timoteo: "per i loro pruriti, si tireranno vicino una folla di maestri che gli lisceranno le orecchie e così non vorranno più saperne di ascoltare la verità per andare dietro alle fandonie" (2 Tm 4, 3-4). Pinocchio, che vende il sillabario per andare a vedere i burattini, è un modello imperante e sempre attuale. Se uno vuole andare a fondo nella storia di Cristo e del suo mistero, non va da Dan Brown, ma da Matteo, Marco, Luca e Giovanni e dai padri della chiesa e dai santi.
Il caso ci fa capire quanto poca è la preparazione e il fondamento culturale dei nostri popoli "cristiani", e quanto poco siano in sotto sono le nostre "radici cristiane". per dire che il lavoro di coscientizzazione e di acculturizzazione è sempre da fare. perciò si deve investire in formazione e cultura più che in manifestazioni megagalattiche. Bisogna resistere alla tentazione di allungare l'acqua della verità o di gasarla per vedere le bollicine.
Ma una domanda devo farmela e farla. Se un autore furbo e poco serio riesce a farsi leggere e guardare da milioni di persone raccontando un sacco di balle, perché i nostri teologi e intellettuali cattolici non sono capaci di raccontare la grande e bella verità di Cristo con la stessa grazia e con lo stesso incanto? Perché noi dobbiamo riuscire, o almeno tentare una comunicazione golosa, splendente, del mistero di Cristo? Perché la verità deve essere meno bella della bugia? Perché noi cattolici dobbiamo avere solo documenti bavosi e non troviamo un Dan Brown?

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