mercoledì 15 febbraio 2012

07 Quella locanda eternamente chiusa


 07 Quella locanda eternamente chiusa

“Signor prete- mi ha detto un uomo - sarebbe questo il Natale? Un vecchio vestito da pagliaccio, un panettone a forma di campana, pupazzi di cioccolata, capanne con dentro un regalo, robe matte per gente matta. Il papa dovrebbe scomunicare tutti quelli che fanno Natale”. “Non sarebbe una brutta idea - gli ho risposto -. Ma forse non si sentirà libero di farlo neanche lui, dato che ha chiamato a cantare in Vaticano i Pooh. E pensare che ogni sedia costava un milione nelle fila davanti e duecentomila in quelle dietro”. Si sa che i soldi raccolti servono per costruire chiese nuove, e dunque a fin di bene. La tragedia di tutti i cristiani, dal papa in giù, è che ci siamo ridotti a fare anche il male a fin di bene e questo ci impedisce di convertirci. Se facessimo il male con serietà, a fin di male, prima o dopo ci vergogneremmo e cambieremmo vita.
Ci vergogneremmo, per esempio, di avere fatto diventare una festa banale e sdolcinata quella che è in realtà una tragedia. Difatti il bambino che nasce a Betlemme è  lo stesso che da adulto dovrà salire il Calvari con la croce. E come è  stato rifiutato nel nascere, così sarà cacciato fuori città nel morire. Natale non è una festa per conto suo, per farci piagnucolare, ma è collegata alla Pasqua, per farci morire alla cattiveria e risorgere a vita nuova.
Il mistero dal Natale sta in questa contrapposizione fra luce e buio, così ben descritta nel vangelo di Giovanni (1,1-18). E lo specchio è  quel bambino che non trova aperta nessuna porta, perché , come narra Luca, “Nella locanda non c'era posto per loro” (2,7). Fino a che la locanda è chiusa, Cristo non nasce e non inizia la redenzione.
Fino a che non si apre la locanda del mondo e della Chiesa, Cristo non nasce; e lasciando fuori il Signore stanno peggio quelli dentro. E questa è la vera scomunica: restare senza Signore, senza luce e senza perdono.
Ci sono locande chiuse in Friuli, tanto per rimanere nella nostra realtà?
Basterebbe pensare alle persone escluse, dimenticate, tradite, bandite. Basterebbe pensare al nostro popolo friulano, che non ha mai una porta aperta quando deve avere e deve sempre spalancarla quando deve dare. Proviamo ad andare col cuore ai paesi e ai borghi abbandonati, che da secoli hanno dato cultura, economia e sangue e adesso stanno morendo perché  “costa troppo mantenerli”, loro che hanno sempre mantenuto la loro gente e gli stranieri.
L’anima del nostro popolo, che si esprime nella lingua e nella cultura, e trova chiusa la porta delle scuole, delle televisioni, dei giornali, degli uffici, della chiesa. Anche il duomo è  chiuso in questa giornata e sempre, nonostante si chieda al vescovo di aprirla. E già che siamo in discorso, non è un scandalo che a Udine dicano 130 messe ogni domenica e che tante chiesette non abbiano un po' di liturgia nemmeno a Natale?
Per non parlare del resto, che ci stanno rapinando e ricattando da ogni parte, perché siamo diventati un peso. I poveri pesano sempre, anche quando  sono come sardine.
“Mandate, o cieli, la vostra rugiada e voi, o nubi lasciate piovere la giustizia! Che si apra la terra e fiorisca la salvezza” grida Isaia, il grande cantore (45,8).
Natale è  uno spalancarsi di cuori e di porte, un aprirsi della terra, una esplosione di vita. Mi pare di udire come un sussurro... No, sono quei “mostri” di bambini, che sparano petardi.
Buon Natale anche a loro, che dovranno affrontare i colpi ben più tremendi che la vita sta loro preparando.

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