mercoledì 1 febbraio 2012

05 Capire la morte per capire la vita

05 Capire la morte per capire la vita

Giornate di malinconia, di ricordi e forse di rimorsi quelle che ci aspettano. sono le giornate dei santi e dei morti, dei morti che sono i nostri santi. Una occasione straordinaria per guardare in faccia la realtà, per relativizzare tante cose che ci sembrano importanti e invece sono stupide e banali, per meditare sul valore del tempo che un ladro impietoso ci ruba giorno per giorno, ora per ora, momento per momento.  Questa scuola di vita ha come cattedra la sapienza e come banchi le sepolture della nostra gente passata dalla bugia alla verità, dalla precarietà alla stabilità, dalla tenda provvisoria alla casa eterna, dalla luce contornata di buio della nostra esistenza allo scuro accecante di Dio e illuminato a giorno dal grande dono della fede.
In questi giorni il mio pensiero affettuoso e riconoscente vola nei cimiteri dove, come prete, ho messo a dormire nella culla della terra tanta gente di ogni età e condizione: dal cimitero di Basagliapenta a quello di Valle e Rivalpo e Trelli per finire in quello di Venzone, dove ho le mie radici.
Ma la malinconia aumenta pensando al cambiamento che è  stato operato anche in Friuli perfino nei cimiteri, trasformati in luoghi di sfide a chi possiede più cattivo gusto e meno dignità. Proprio così. Abbiamo perduto il senso della morte e di conseguenza anche quello della vita.
Se il luogo della verità è  diventato una commedia, quanto sarà grande la commedia nella sceneggiata del mondo?
Benedette le povere sepolture che mia madre, ricca solo di fede, forniva di muschio e di sassolini a forma di croce e con un mazzo di crisantemi d' orto e un lumino di pochi centesimi! Ma si sapeva che era una giornata speciale perché il mucchietto di terra era addobbato come a festa. Ma se la luce è accesa per tutto l’anno e il mazzo dei fiori  non conosce né siccità né pioggia perché  sono finte, che senso ha celebrare la giornata dei morti?
I nostri morti ci hanno lasciato cose vere, tangibili : campi, case, cultura, valori, soldi veri. Possiamo portare loro un mazzo di fiori finti e guardarli in faccia?
Iniziamo, per l' amor di Dio, a diventare seri almeno nell' unico posto dove la verità e la serietà dovrebbe regnare da padrone. Iniziamo a capire il valore del tempo, della vita, del cielo, della terra, delle stagioni, degli affetti, del lavoro, dell' amicizia, del paese, della libertà, della profondità. Impariamo la scuola della vita sui banchi della morte.
Un regalo lo chiederei ai nostri morti. Sopra il lumino che gli accendiamo sulla sepoltura, di non lasciarci mai senza il lumicino della fede e della speranza. Sopra i fiori che gli mettiamo, di non lasciarci mai senza i fiori della virtù e il profumo delle buone qualità. Sopra alle visite che gli facciamo, di farci tornare a casa più ricchi di cervello, più attaccati alla vita, più impegnati nella storia piccola e grande.
E chiederei, a loro che vivono in Dio, di non lasciarci cadere morti prima dell’ora. C'è gente che trascorre più tempo con i suoi morti che non con i vivi del paese e che  parla più con la gente nell'al di là che non con quella nell'al di qua. Conosco persone che escono di casa solo per andare li dentro. Non è giusto ne serio riempire di vita il cimitero e trasformare paesi, borghi e cortili in cimiteri.
I morti sono la nostra arca di santità, il nostro capitale di storia e di sapienza, il nostro tesoro di esperienza e di cultura, le nostre radici nascoste sotto terra. Non si onora un tesoro dimenticandolo o svendendolo. Non si onora la radice lasciando seccare l’albero.

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