mercoledì 25 gennaio 2012

04 Benefattori culturali

04 Benefattori culturali

Dei tanti insegnamenti dei miei maestri spirituali, due cose mi sono rimaste sufficientemente impresse: che nella lode a Cristo nella messa è presente la creazione nella sua totalità e che non si deve dimenticare quelli che ci hanno fatto del bene. Perciò nella messa sento vicino di me tutta l'infinita processione della storia e raccomando al Signore i miei benefattori.
Inizio con quelle che sono state le radici della mia vita fisica e dunque i miei di casa e quel popolo friulano di cui sono figlio e che devo onorare se voglio avere vita lunga. Sono figlio della mia storia che sempre mi accompagna. Prego anche per quelli che sono stati le radici della mia vita spirituale con la loro fede, i santi, col nome sul calendario o no.
Ma c'è una terza categoria di gente che porto sull' altare: quelli che sono stati le radici della cultura, non solo friulana ma della grande famiglia degli uomini.
Così ho detto messa per Mozart, che mi consola con la sua musica divina, e anche per Bach, rivoletto limpido di armonia e di pace. Non dimentico Tomadini e Candotti, grandi e soprattutto nostri. Ma posso dimenticarmi del Leopardi che, in grazia della sua vita sfortunata, il mondo intero è diventato più ricco?
Per i matematici e per gli scienziati non prego perché non ho mai capito e potuto godere della loro fatica. Stesso discorso per i filosofi, troppo confusionari nelle idee e ingarbugliati nel spiegarle. Dio è verità ma soprattutto semplicità. Del tutto diverso il discorso per i miei idoli letterari, da Dostoevskij e della grande famiglia russa in poi. Prego spesso per Oscar Wilde, che ci ha fatto toccare il cielo con le fiabe e l’inferno col “De profundis” e la sua vita immorale che non gli ha proibito di essere maestro di alta moralità. Come il grande Joseph Roth, morto ubriaco a Parigi e che ogni sua pagina e parola trasuda la poesia e la malinconia della civiltà nel cuore dell' Europa e della tradizione degli ebrei d’oriente. Il suo “Jop” non sfigura accanto all' originale biblico.
Un debito grande lo sento anche nei confronti di Totò e, mentre prego per lui, mi chiedo come fanno a resistere gli angeli e i santi ogni volta che apre la bocca nel coro dei beati.
Quando prendiamo in mano un’opera di un artista, non pensiamo a chi l' ha realizzata, a quanto ha patito per realizzarla, alle traversie della sua vita, dal momento che gli artisti hanno combattuto come noi, con in più l' estrema sensibilità e la normale incomprensione. L’eredità culturale, che nutre l’anima e dura nel tempo, non costa meno di quella materiale che noi solitamente sentiamo come un bene. Se uno mi fa pregare per suo nonno che gli ha lasciato un campo, loro ci hanno lasciato tanto di più, opere vive, alla gente che nemmeno conoscevano. Bisogna ringraziarli e pregare per loro.
Perciò mi sento contento quando sull' altare dico al Signore: “vedi di quell'artista che mi ha consolato con la sua musica, e di quell'autore che mi aiuta a vivere anche dopo morto, e di Totò, che ieri sera mi ha fatta passare la malinconia e mi ha fatto piangere dal ridere”.
Penso che Dio permetta che venga in questo mondo tanta gente solo a fare danno. Allora si pente e ci manda anche le stelle, per illuminare il buio della storia. I santi e gli artisti sono il nostro firmamento e dobbiamo lodare Dio che ce li ha mandati e anche loro, che hanno saputo illuminare la nostra vita magari con la loro anima nell'ombra.

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