mercoledì 9 maggio 2012

19 In fila, lungo il Giordano


19 In fila, lungo il Giordano

Mi ha sempre impressionato il vangelo del battesimo di Gesù, inizio ufficiale della sua “vita pubblica”. Non per il fatto che narri cose straordinarie ma proprio perché la sbrighi in maniera anche troppo veloce. Se si toglie la colomba, vista solo da Giovanni, e le parole di legittimazione e approvazione del Padre, che nessuno  ha udite, tutto si compie in una riga: Gesù giunge sulle rive del Giordano e si fa battezzare.
I teologi hanno consumato secoli e penne per dire che Cristo si fa battezzare solo pro forma, per dare il buon esempio, dal momento che lui è  l’unico che non ne ha bisogno. Sarebbe come se un prete mettesse i soldi nella borsa delle offerte o accendesse una candela. Non riesco a comprendere tutto questo sforzo per togliere Cristo dalla normalità tutte le volte che abbiamo la fortuna di averlo nostro compagno di ventura. Perché circondare di eccezioni l' Incarnazione, che è la cosa più splendida della nostra religione?
Cristo si fa battezzare per il fatto che è uomo. E come si è avvicinato alla lunga processione dell'umanità, così si accompagna alla lunga processione della miseria morale dell' umanità. Difatti Cristo, che non aveva conosciuto peccato, si è fatto peccato per noi (2 Cor 5,21). per una solidarietà concreta e non di facciata.
Cristo dunque aspetta, sulla sponda del Giordano, che giunga il suo turno. Essendo parente di Giovanni, non ci sarebbe stata nessuna meraviglia se avesse sbracciato per passare avanti o per richiamare le attenzioni del Battista. Invece è  il Battista che lo scopre, lo chiama e lo professa. Cosa significa questo? Che per ognuno di noi c'è il momento di entrare nella storia. Un tempo che non dipende da noi, ma dalla fila che c'è davanti. Non è il caso ne di accelerare ne di ritardare, ma di essere pronti nel nostro momento e nel nostro tempo, che è  quello giusto. Lasciamo stare dunque le nostalgie per un tempo che è già stato e l' illusione per un tempo che non è ancora venuto. Affrontiamo il presente, l’unico tempo veramente nostro.
Della fila che c'è lungo il fiume si vede solo qualcuno: quelli che sono in prima piano. Non si vedono quelli che sono già stati battezzati e neanche quelli che devono arrivare. Così, prendendo l’acqua del Giordano come esempio della vita (l’acqua è sempre un elemento vivo e unificante), dirò che la processione infinita degli uomini è visibile solo in piccola parte. Difatti sono una strage        quelli che sono stati già inghiottiti dal buio della morte, buio almeno per noi, e una strage quelli che non sono stati ancora illuminati dalla luce, la luce del nostro vivere. Ma la processione deve comprendere tutti, come la storia, come la grazia di Dio.
Cosa è che unisce questa processione? Prima di tutto la umanità e poi il condizionamento e limite del peccato e la possibilità della grazia e della salvezza. Una umanità di peccatori salvati o di salvati sempre a rischio di peccato.
Il vangelo dice che sopra di Cristo si è fermata la colomba dello spirito e fatta sentire la voce della benevolenza del padre. Come a dire che sopra di questo pezzo di umanità, che ha nelle sue mani la responsabilità del presente, è sceso lo Spirito di Dio e la sua paternità fatta di benevolenza. Non si vede la colomba e non si sente la voce, ma non sono fondamentali. Fondamentali sono lo Spirito e la paternità di Dio. E quelli non mancano. altrimenti come potrebbe andare avanti la storia?
Ogni dono rifinito e tutto il bene che c'è nel mondo viene dall'alto, dal padre della luce. Non è una fantasia del prete di Basagliapenta ma una affermazione convinta di un uomo sufficientemente con  i piedi per terra, San Giacomo (1,17).

Nessun commento:

Posta un commento