21 Oh, che brutti tempi!
La Chiesa ha una sua visione della storia e del tempo. Nessuna
meraviglia che abbia anche una sua divisione e un suo calendario, che dovrebbe corrispondere
non tanto al sole fisico ma al sole spirituale, a Cristo e al suo mistero di
salvezza. Da qui il fatto che l’anno inizia con l’Avvento e finisce con la fine
del Tempo ordinario. E per la fine dell’ anno liturgico la Chiesa prevede la lettura
dei brani “escatologici” o “apocalittici”, cioè quelli che riguardano gli ultimi
racconti dal tempo creato (i “novissims”) e squarciano il velo sul mistero della fine. Che
è un mistero di dolore e di spavento,
come è stato bello e splendente l’inizio. Peraltro si potrebbero adoperare
paragoni ed espressioni differenti?
Il
sovvertimento del cielo, con questo oscuramento e disastro cosmico, è accompagnato
dal sovvertimento morale, dall’ oscuramento delle coscienze e dai disastri
degli uomini. Insomma saranno tempi brutti, di grande tribolazione, i peggiori.
Lo dice Daniele (12,1) e gli fa eco anche la Sibilla.
E
dai tempi brutti che ci tocca di vivere, più di uno e di due parlano, spaventati,
della fine del mondo. “Siamo arrivati, al punto che peggio di così non può
andare!”.
Guardando
e ascoltando, potrei anche essere d'accordo. Il dubbio mi viene quando penso a
mia madre, che diceva la stessa cosa, e l’aveva sentita da mia nonna, che le
aveva sentita di mia bisnonna.
Allora
concludo che non esistono tempi belli e che la fine è iniziata da quando è
iniziato il mondo. Perché la morte inizia nel medesimo giorno in cui si nasce. Il
rifarsi a un tempo fortunato, sempre dietro di noi e mai davanti, può essere
tanto una paura ad affrontare il tempo che abbiamo sotto mano, l’unico nostro,
che una voglia di tornare nella pancia della madre, dove eravamo sicuri e protetti,
ma non vivi di vita autentica. Difatti la natura ci ha partoriti dopo nove mesi,
come si butta fuori dal letto il bambino pigro e dormiglione.
Ho
parlato di tempi brutti. Ma anche questo è un termine relativo, perché l’uomo è
pluri dimensionato. Se gli va bene da una parte, gli va male dall’ altra, come
il tempo che, se piove in un posto, c'è il sole in un altro. così se è
difficile per il cervello, può andare bene per lo stomaco e, se l’arte piange,
ridono i giostrai e gli artisti di strada. Neanche la guerra non è per tutti un
male. Difatti quelli che vendono bombe e casse da morto pregano che duri. Per
dire che non esiste un tempo ideale. Se è male la miseria, non è meglio la
troppa abbondanza; e se ci si affatica a camminare, non si è meno stanchi guidando
l’ auto.
Stiamo
solo attenti che i tempi brutti non siano un alibi per non fare niente e per rovinarli
ancora di più. Perché noi siamo padri e figli del tempo, nel senso che ci crea
e lo creiamo. Ma rimane sempre un spazio per la libertà e per la responsabilità. Chi ha detto che in tempi di immoralità,
superficialità, egoismo, omologazione, uno non può essere morale, profondo,
disponibile, alternativo?
I
cristiani non sono come le uova, che valgano di più proprio quando ce ne sono
poche? Che grande occasione, allora, per gente buona e libera, di restare
fedele a Dio e ai valori e di essere un segno di speranza in un mondo disperato
e disperante, una stella che splende in un cielo tutto grigiastro!
Io
non ci sarò a vedere un cielo senza sole e senza luna e senza stelle (Gl 2,10).
Ma fino a che avrò attorno a me qualche anima buona che mi fa luce e mi segna
la strade come le stelle la indicano ai marinai, nel mio cuore non morirà la
speranza e non perderò il sonno e la serenità a causa degli incubi apocalittici.
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