mercoledì 23 maggio 2012

21 Oh, che brutti tempi!


21 Oh, che brutti tempi!


La Chiesa ha una sua visione della storia e del tempo. Nessuna meraviglia che abbia anche una sua divisione e un suo calendario, che dovrebbe corrispondere non tanto al sole fisico ma al sole spirituale, a Cristo e al suo mistero di salvezza. Da qui il fatto che l’anno inizia con l’Avvento e finisce con la fine del Tempo ordinario. E per la fine dell’ anno liturgico la Chiesa prevede la lettura dei brani “escatologici” o “apocalittici”, cioè quelli che riguardano gli ultimi racconti dal tempo creato (i “novissims”) e  squarciano il velo sul mistero della fine. Che è  un mistero di dolore e di spavento, come è stato bello e splendente l’inizio. Peraltro si potrebbero adoperare paragoni ed espressioni differenti?
Il sovvertimento del cielo, con questo oscuramento e disastro cosmico, è accompagnato dal sovvertimento morale, dall’ oscuramento delle coscienze e dai disastri degli uomini. Insomma saranno tempi brutti, di grande tribolazione, i peggiori. Lo dice Daniele (12,1) e gli fa eco anche la Sibilla.
E dai tempi brutti che ci tocca di vivere, più di uno e di due parlano, spaventati, della fine del mondo. “Siamo arrivati, al punto che peggio di così non può andare!”.
Guardando e ascoltando, potrei anche essere d'accordo. Il dubbio mi viene quando penso a mia madre, che diceva la stessa cosa, e l’aveva sentita da mia nonna, che le aveva sentita di mia bisnonna.
Allora concludo che non esistono tempi belli e che la fine è iniziata da quando è iniziato il mondo. Perché la morte inizia nel medesimo giorno in cui si nasce. Il rifarsi a un tempo fortunato, sempre dietro di noi e mai davanti, può essere tanto una paura ad affrontare il tempo che abbiamo sotto mano, l’unico nostro, che una voglia di tornare nella pancia della madre, dove eravamo sicuri e protetti, ma non vivi di vita autentica. Difatti la natura ci ha partoriti dopo nove mesi, come si butta fuori dal letto il bambino pigro e dormiglione.
Ho parlato di tempi brutti. Ma anche questo è un termine relativo, perché l’uomo è pluri dimensionato. Se gli va bene da una parte, gli va male dall’ altra, come il tempo che, se piove in un posto, c'è il sole in un altro. così se è difficile per il cervello, può andare bene per lo stomaco e, se l’arte piange, ridono i giostrai e gli artisti di strada. Neanche la guerra non è per tutti un male. Difatti quelli che vendono bombe e casse da morto pregano che duri. Per dire che non esiste un tempo ideale. Se è male la miseria, non è meglio la troppa abbondanza; e se ci si affatica a camminare, non si è meno stanchi guidando l’ auto.
Stiamo solo attenti che i tempi brutti non siano un alibi per non fare niente e per rovinarli ancora di più. Perché noi siamo padri e figli del tempo, nel senso che ci crea e lo creiamo. Ma rimane sempre un spazio per la libertà e per la  responsabilità. Chi ha detto che in tempi di immoralità, superficialità, egoismo, omologazione, uno non può essere morale, profondo, disponibile, alternativo?
I cristiani non sono come le uova, che valgano di più proprio quando ce ne sono poche? Che grande occasione, allora, per gente buona e libera, di restare fedele a Dio e ai valori e di essere un segno di speranza in un mondo disperato e disperante, una stella che splende in un cielo tutto grigiastro!
Io non ci sarò a vedere un cielo senza sole e senza luna e senza stelle (Gl 2,10). Ma fino a che avrò attorno a me qualche anima buona che mi fa luce e mi segna la strade come le stelle la indicano ai marinai, nel mio cuore non morirà la speranza e non perderò il sonno e la serenità a causa degli incubi apocalittici.

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