mercoledì 16 maggio 2012

20 Incarnazione: mistero e regalo


20 Incarnazione: mistero e regalo

Tutto ciò che nasce è un mistero, cioè a dire un qualcosa di più profondo del puro dato anagrafico visibile. Chi riesce a capire a fondo e a spiegare il tempo, il modo, la preparazione la collocazione, l’importanza, il destino di un fiore, di una bestiolina, di un bambino? Perché nasce quello e non un altro? Perché nasce li e no in un altro posto? Perché nasce in quel momento e non un secolo prima o dopo, che avrebbe avuto un destino tutto diverso?
Nessuna meraviglia allora che il mistero rimanga, anzi venga maggiorato, quando si tratta di un bambino che dividerà la storia in prima e in dopo di lui e che sarà lui il centro e il giudice e il metro di misura della storia. Quello che, comparso nella umiltà della nostra carne mortale, è l’ immagine del Dio invisibile e possiede un nome al di sopra di ogni altro nome, tanto in cielo che in terra e sotto terra.
Si sa che i misteri vanno contemplati, come le stelle, e non spiegati, ma San Paolo ha cercato di dire qualcosa di grande nelle sue lettere. Basterebbe prendere in mano il prima capitolo agli Efesini e il secondo ai Filippesi, dove, per dare una idea del “salto” di Cristo dalla natura divina a quella umana, dice che “si è ridotto a niente”.
Io non sarei così fiscale. L’uomo non è proprio niente se è stato fatto “appena più piccolo degli angeli” e contornato “di gloria e di onore” (Sal 8,6). Lo so che la incarnazione è un regalo, ma l’amore fa questo e altro e anche noi non lo sentiamo come un peso. Peserebbe a non farlo.
Qualunque genitore, anche non cattolico, troverebbe normale “abbassarsi” al livello del figlio malato nel corpo o nell’anima, senza pretendere medaglie o meriti. per una sorta di istinto. Una volta mi era caduto un cagnolino in una vasca e la cagna ha tanto fatto fino a che è saltata dentro anche lei, per afferrarlo, anche se rischiavano di annegare entrambi. Non aveva ascoltato la ragione, che non possedeva, ma il cuore, che ne aveva tanto. Dunque l’incarnazione va vista in un contesto di amore e l’amore riesce a nobilitare tutto e a trasformare anche una “perdita” in un guadagno.
L’ abbassarsi di Dio può essere una perdita obiettiva ma sicuramente non. E qui sta il miracolo dell’ incarnazione: che non perde il primo e ci guadagna il secondo. Le cose materiali, quando passano da uno all’ altro, fanno diventare più povero quello che le dà e più ricco quello chele riceve, ma con le cose spirituali è diverso. Per questo dovremmo abituarci a scambiare meno materia e più spirito, meno cose e più anima.
Quando il grande si abbassa sul piccolo, lui non perde e ci guadagna quell’ altro. La stessa cosa accade quando un sano si abbassa sul malato e il sapiente sull’ ignorante e il santo sul peccatore. Questo succede, o deve succedere, in famiglia, a scuola, in chiesa, nella vita sociale e culturale, nei rapporti fra persone e popoli. Incarnazione come trasfusione e passaggio di amore e di spirito. Dopo può venire, e viene, anche il resto.
L’importante però è che il primo termine rimanga genuino. Cristo può salvarci solo se non rinuncia alla divinità. La Chiesa può aiutarci solo se resta santa, seria e contemplativa. Se il sapiente e il santo, per venire incontro all’ altro, rinunciano alla loro sapienza e santità, non abbiamo più ne incarnazione ne regalo, ma una tragedia spaventosa. Vi immaginate un maestro che, per mettersi a livello degli scolari, diventa più stupido e ignorante di loro?

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