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Un pane per ogni fame
Nell'
iniziare il tempo santo e salutare della Quaresima, che ci
prepara e ci instrada al
mistero della passione, della morte e della resurrezione di Cristo,
specchio e causa della trasformazione in gloria del nostro destino,
il pensiero mi va agli anni lontani del seminario, quando si
festeggiava il carnevale con le Quarant’ore e si iniziava la
Quaresima con una giornata di ritiro spirituale con le meditazioni
sulla morte. Tanto per tirarci sù di morale.
Un
anno uno sciocco di predicatore ha iniziato la predica gridando: “Son
finiti i bagordi! Son finite le cenette!”. Ma sapeva dove parlava e
a di chi si rivolgeva?
Errori
che non capitano solo agli oratori dei consacrati se qua e dove si
insiste con una monotonia stupida sull' edonismo, sulla troppa
abbondanza, sulla civiltà dei consumi. Come se la gente di
Basagliapenta e dei paesi e quelli che vivono nei deserti dalle
montagne fossero tutti ubriaconi e barbari, rabbiosi perché la
giornata ha solo ventiquattro ore e non arrivano a sfogarsi fino in
fondo.
Non
dico che qualcuno non oltrepassi la misura, con grande danno per la
sua salute e scandalo per le condizioni di miseria che ci sono nel
mondo. Ma se quell'oratore entrasse in una dalle nostre case, sempre
più solitarie, dove si trascinano vecchi soli, dove tanta gente si
rovina gli anni più belli per assistere malati o per allevare
bambini che avranno bisogno dei genitori fino che gli viene la gobba,
dove uomini e donne lavorano nei giorni feriali e festivi con
l’unica sicurezza di dover pagare sempre e inutilmente, cambierebbe
tono. O almeno tacerebbe.
Perché
la gente combatte tanto e gode poco e si trova magari con le case
ristrutturate e con qualche soldo nella tasca, ma con problemi grandi
come montagne. E se stenta a credere, è per il fatto che stenta a
vivere.
E
qui vado a cercare luce nel vangelo delle tentazioni, dove il diavolo
provoca il Signore a
saziare la sua fame col pane che lui gli fornisce. “Se sei il
figlio di Dio, comanda che queste pietre diventino pane”. E Gesù
gli risponde: “è scritto: L’uomo non vivrà solo di pane, ma di
ogni parola che esce fuori dalla bocca di Dio” (Mt 4,3-4).
Il
peccato dei friulani, della nostra generazione e di quelle prima di
noi, è stato di avere combattuto troppo per il pane e. perché non
c'era e perché la fame del pane si sente. Il nostro peccato, se è
un peccato, è quello di esserci illusi, dopo secoli di miseria, che
riempendo lo stomaco e il frigo, si riempiva anche il cuore.
Risolta
in buona parte la questione del pane e materiale, ascoltiamo la
racomandazione saggia e santa di Cristo, che l’uomo possiede più
tipi di fame e dunque gli servono più qualità di pane.
Gli
serve il sostentamento della mente con la cultura e il libro; quello
del cuore coll'affetto, l’amicizia, la solidarietà, l’armonia in
casa e fuori; quello dell’anima con la preghiera, la meditazione,
il silenzio, la contemplazione, il perdono, la fede, la consolazione.
Che
la grazia di Dio faccia rinverdire la nostra anima riarsa come le
piogge della primavera fanno rinverdire campi, prati e colline. Che
ognuno di noi abbia, con la sua anima, quell' impegno che mette
nell'orto per preparare la nuova stagione. Che non manchino mai, in
nessuna casa, un libro, compresa la Bibbia, un fiore di quelli veri,
un raggio di sole, un momento di riposo, una parola amica e la
presenza consolante di Dio. E lui andrà a controllare se facciamo
Quaresima veramente. Non sollevando il coperchio della padella ma
curiosando nel profondo del nostro cuore.
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