mercoledì 17 ottobre 2012

42 Un pane per ogni fame

42 Un pane per ogni fame
Nell' iniziare il tempo santo e salutare della Quaresima, che ci prepara e ci instrada al mistero della passione, della morte e della resurrezione di Cristo, specchio e causa della trasformazione in gloria del nostro destino, il pensiero mi va agli anni lontani del seminario, quando si festeggiava il carnevale con le Quarant’ore e si iniziava la Quaresima con una giornata di ritiro spirituale con le meditazioni sulla morte. Tanto per tirarci sù di morale.
Un anno uno sciocco di predicatore ha iniziato la predica gridando: “Son finiti i bagordi! Son finite le cenette!”. Ma sapeva dove parlava e a di chi si rivolgeva?
Errori che non capitano solo agli oratori dei consacrati se qua e dove si insiste con una monotonia stupida sull' edonismo, sulla troppa abbondanza, sulla civiltà dei consumi. Come se la gente di Basagliapenta e dei paesi e quelli che vivono nei deserti dalle montagne fossero tutti ubriaconi e barbari, rabbiosi perché la giornata ha solo ventiquattro ore e non arrivano a sfogarsi fino in fondo.
Non dico che qualcuno non oltrepassi la misura, con grande danno per la sua salute e scandalo per le condizioni di miseria che ci sono nel mondo. Ma se quell'oratore entrasse in una dalle nostre case, sempre più solitarie, dove si trascinano vecchi soli, dove tanta gente si rovina gli anni più belli per assistere malati o per allevare bambini che avranno bisogno dei genitori fino che gli viene la gobba, dove uomini e donne lavorano nei giorni feriali e festivi con l’unica sicurezza di dover pagare sempre e inutilmente, cambierebbe tono. O almeno tacerebbe.
Perché la gente combatte tanto e gode poco e si trova magari con le case ristrutturate e con qualche soldo nella tasca, ma con problemi grandi come montagne. E se stenta a credere, è per il fatto che stenta a vivere.
E qui vado a cercare luce nel vangelo delle tentazioni, dove il diavolo provoca il Signore a saziare la sua fame col pane che lui gli fornisce. “Se sei il figlio di Dio, comanda che queste pietre diventino pane”. E Gesù gli risponde: “è scritto: L’uomo non vivrà solo di pane, ma di ogni parola che esce fuori dalla bocca di Dio” (Mt 4,3-4).
Il peccato dei friulani, della nostra generazione e di quelle prima di noi, è stato di avere combattuto troppo per il pane e. perché non c'era e perché la fame del pane si sente. Il nostro peccato, se è un peccato, è quello di esserci illusi, dopo secoli di miseria, che riempendo lo stomaco e il frigo, si riempiva anche il cuore.
Risolta in buona parte la questione del pane e materiale, ascoltiamo la racomandazione saggia e santa di Cristo, che l’uomo possiede più tipi di fame e dunque gli servono più qualità di pane.
Gli serve il sostentamento della mente con la cultura e il libro; quello del cuore coll'affetto, l’amicizia, la solidarietà, l’armonia in casa e fuori; quello dell’anima con la preghiera, la meditazione, il silenzio, la contemplazione, il perdono, la fede, la consolazione.
Che la grazia di Dio faccia rinverdire la nostra anima riarsa come le piogge della primavera fanno rinverdire campi, prati e colline. Che ognuno di noi abbia, con la sua anima, quell' impegno che mette nell'orto per preparare la nuova stagione. Che non manchino mai, in nessuna casa, un libro, compresa la Bibbia, un fiore di quelli veri, un raggio di sole, un momento di riposo, una parola amica e la presenza consolante di Dio. E lui andrà a controllare se facciamo Quaresima veramente. Non sollevando il coperchio della padella ma curiosando nel profondo del nostro cuore.

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