sabato 1 marzo 2014

09 Il mistero di Cristo

09 Il mistero di Cristo
Il tempo grande e Santo della Quaresima, questo itinerario liturgico e spirituale che ci conduce fino al cuore dell' anno e della storia, la morte e la resurrezione di Cristo, inizia con una preghiera che mi ha sempre fatto riflettere perché non riuscivo e non riesco a trovare una soluzione: "Premettici di arrivare a conoscere sempre più a fondo il mistero di Cristo" (Colletta della prima domenica).
Cos'è questo mistero di Cristo? Se è mistero, è evidente che non potremo per mai arrivare a comprenderne tutta la profondità e la ricchezza. Se no che mistero è? Ma se ci invita a conoscere sempre più a fondo, significa che qualcosa si può capire e imparare e più si va a fondo e più si illumina la nostra mente, si sostenta la nostra anima e si orienta la nostra vita.
Credo che il mistero di Cristo, messo in questo momento e in questo contesto, significhi che la strada per la vita deve passare attraverso la morte, come Cristo che è giunto allo splendore della Pasqua passando attraverso la tragedia e l' umiliazione del Venerdì Santo. E' dunque un mistero di dolore. Ma non un dolore per il dolore, che non ha nessun senso, e neanche un dolore senza speranza, che non porta da nessuna parte. Ma un dolore che diventa premessa, condizione, passaggio obbligato e privilegiato per la vita. E' ciò che i mistici dicevano: "Per crucem ad lucem". E qui entriamo nell' aspetto più scandaloso del vivere umano e di ogni vita: il dolore e la morte. Davanti a questo muro che, presto o tardi, troviamo davanti a noi a bloccarci la strada, la prima reazione è di ribellione. Non è giusto pensare a un Dio padre che voglia o che permetta tanto male, tanta ingiustizia, tanta violenza, tanta crudeltà e disumanità. Un Dio che non riesce a fermare la mano dal prepotente, del delinquente, del rapinatore, dell'assassino e non riesce a togliere dalle grinfie dei cattivi le persone più deboli ed esposte e quelle che hanno meno colpe. Un Dio che non ha pietà né dei vecchi né dalle donne né dei bambini e neanche degli animali. Un Dio assente o impotente e dunque responsabile del fallimento della storia e del mondo o inutile.
Davanti a questa constatazione troppo evidente per contraddirla o negarla, la pluralità degli uomini si buttano nell' indifferenza o nell'ostilità, non ponendosi il problema o risolvendolo in maniera negativa. Ma il problema rimane. E qui esce fuori la novità, il "mistero" di Cristo, "uomo dei dolori, che sa che esiste il patire", "che ha portato le nostre infermità e si è caricato dei nostri dolori " (Is 53, 3-4). Cristo sceglie ciò che ognuno di noi scarta; cerca ciò che ognuno di noi odia; percorre come strada privilegiata quella che ognuno di noi considera una strada maledetta e senza uscita. Fa della maledizione la benedizione, del patire un seminare, del morire un vivere, del perdere un guadagnare. E riesce a chiamare fortunati quelli che ogni persona di buono senso definisce sfortunati o disgraziati. Riesce a mettere in cima quelli che noi poniamo in coda o fuori della lista: i poveri, i tribolati, i perseguitati. Con lui il dolore fisico e morale non è una condanna, ma una chiamata; non è una prova che Dio ci abbandona, ma un segnale che Dio ci chiama a essere più vicino a lui nel Venerdì Santo per essere i primi anche a Pasqua. Difatti i santi, che umanamente sono quelli che non avrebbero nessuna motivo di patire perché non hanno commesso alcun male, o meno degli altri, sono quelli che con più fedeltà hanno riprodotto nella loro vita e nella loro anima la vita tormentata e il volto dolorante di Cristo.
Il mistero di Cristo capovolge le valutazioni umane a partire dagli ultimi, come la resurrezione ha ribaltato la sua pietra sepolcrale a partire dalla sconfitta.

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