sabato 8 marzo 2014

10 L'offerta di Isacco

10 L'offerta di Isacco
Se tutta la vita di Abramo è una testimonianza di quella fede che è stata messa in conto di giustizia, il momento più alto e drammatico è quello del sacrificio di Isacco, perché sacrificando suo figlio, l'unico, toglie il fondamento stesso della promessa. Un fatto così straordinario non poteva non entrare nella sostanza stessa delle religioni che si rifanno al grande patriarca.
Gli ebrei dovranno affrancare il figlio primogenito e suoneranno il "corno di Abramo", ricavato dall'ariete, in tutti i momenti allegri e dolorosi della loro storia, per chiedere a Dio il perdono dei peccati dei figli in grazia della fedeltà dal loro avo. I musulmani ricordano questo atto di straordinaria suottomissione come loro seconda festa, subito dopo il Ramadan, e uccidono il capretto come atto di ubbidienza e di gratitudine. I cristiani hanno letto nella figura di Isacco, che carica sulla schiena le legna del proprio sacrificio, uno specchio di Cristo, che porta la croce fin sul Calvario.
Ma a noi, figli smemorati di tanto padre ed eredi indegni di tanta santità e fede, cosa ci dice il capitolo 22 della Genesi, che tramanda nei secoli una tragedia così incomprensibile e una pretesa così fuori di logica?
Prima di tutto dobbiamo separare l'aspetto cruento dall'aspetto religioso. Si sa che in tante religioni primitive il sacrificio dei bambini, compresi i figli, non era quello scandalo che proviamo oggi. Dio era padrone della vita e della morte e dunque le sue decisioni o i suoi desideri non erano in discussione. Dio non vuole il sangue di Isacco, ma l'offerta di Isacco. Non vuole la morte, ma un amore che giunga fino alla morte. Ovvero totale, radicale, senza riserve, per avere un premio senza limitazioni di sorta.
Chiedendo l'offerta di Isacco,Dio ci fa capire che i figli non sono proprietà espotiche dei genitori ma vanno cresciuti per essere presentati, regalati, offerti. Viene per ogni genitore il momento del distacco dal proprio figlio. si deve prepararsi e preparare il bambino e la bambina a distaccarsi dal cordone ombelicale iperprotettivo della famiglia, per affrontare la loro missione, per prendere il loro posto nella grande famiglia dei figli di Dio. Se una volta si poteva illudersi di fare bambini e crescerli come un investimento per la vecchiaia (la classica concezione del "proletariato" che può avere una briscola solo nella prole), oggi questa speranza è caduta del tutto. Oggi mettere al mondo un figlio è un atto di fede e di disponibilità assoluta.
Può capitare però nella vita che Dio chieda o disponga anche il sacrifici fisico di quei figli che lui stesso aveva consegnato ai genitori come un regalo e un impegno. Una volta questo poteva succedere con tante malattie infantili ("Felice quella sposa che dona a Dio la prima rosa" dicevano per consolare le madri) o con tanta gioventù sacrificata in quelle guerre a cui hanno cercato di dare una valenza religiosa o mistica ma che restano un peccato contro Dio e contro l'uomo. Oggi abbiamo bambini che nascono con difetti, malformazioni o addirittura con malattie mortali e soprattutto tanta gioventù che viene sacrificata nella maniera più stupida e banale, davanti ad una discoteca o rientrando a casa una corsa fatale. Non sono offerte sacrificali ma disgrazie senza senso, anche se il dolore dei genitori rimane identico. Un dolore che segna per la vita e che rischia di spegnere la vita.
Ci sono però anche casi, tanti e dolorosi, di figli che restano vivi ma che muoiono nell'anima. Buttandosi in scelte sbagliate, con compagnie da cui Dio ci guardi, percorrendo strade che non sono la strada di Dio e della vita. Giovani sani fisicamente ma senza cuore, senza affetto, senza progetti, senza ideali, senza nessuna attenzione per il mondo che li circonda, ossessionati a pretendere tutto senza mai dare niente. Anche così può morire Isacco.

Nessun commento:

Posta un commento