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L'offerta di Isacco
Se
tutta la vita di Abramo è una testimonianza di quella fede che è
stata messa in conto di giustizia, il momento più alto e drammatico
è quello del sacrificio di Isacco, perché sacrificando suo figlio,
l'unico, toglie il fondamento stesso della promessa. Un fatto così
straordinario non poteva non entrare nella sostanza stessa delle
religioni che si rifanno al grande patriarca.
Gli
ebrei dovranno affrancare il figlio primogenito e suoneranno il
"corno di Abramo", ricavato dall'ariete, in tutti i momenti
allegri e dolorosi della loro storia, per chiedere a Dio il perdono
dei peccati dei figli in grazia della fedeltà dal loro avo. I
musulmani ricordano questo atto di straordinaria suottomissione come
loro seconda festa, subito dopo il Ramadan, e uccidono il capretto
come atto di ubbidienza e di gratitudine. I cristiani hanno letto
nella figura di Isacco, che carica sulla schiena le legna del proprio
sacrificio, uno specchio di Cristo, che porta la croce fin sul
Calvario.
Ma
a noi, figli smemorati di tanto padre ed eredi indegni di tanta
santità e fede, cosa ci dice il capitolo 22 della Genesi, che
tramanda nei secoli una tragedia così incomprensibile e una pretesa
così fuori di logica?
Prima
di tutto dobbiamo separare l'aspetto cruento dall'aspetto religioso.
Si sa che in tante religioni primitive il sacrificio dei bambini,
compresi i figli, non era quello scandalo che proviamo oggi. Dio era
padrone della vita e della morte e dunque le sue decisioni o i suoi
desideri non erano in discussione. Dio non vuole il sangue di Isacco,
ma l'offerta di Isacco. Non vuole la morte, ma un amore che giunga
fino alla morte. Ovvero totale, radicale, senza riserve, per avere un
premio senza limitazioni di sorta.
Chiedendo
l'offerta di Isacco,Dio ci
fa capire che i figli non sono proprietà espotiche dei genitori ma
vanno cresciuti per essere presentati, regalati, offerti. Viene per
ogni genitore il momento del distacco dal proprio figlio. si deve
prepararsi e preparare il bambino e la bambina a distaccarsi dal
cordone ombelicale iperprotettivo della famiglia, per affrontare la
loro missione, per prendere il loro posto nella grande famiglia dei
figli di Dio. Se una volta si poteva illudersi di fare bambini e
crescerli come un investimento per la vecchiaia (la classica
concezione del "proletariato" che può avere una briscola
solo nella prole), oggi questa speranza è caduta del tutto. Oggi
mettere al mondo un figlio è un atto di fede e di disponibilità
assoluta.
Può
capitare però nella vita che Dio chieda o disponga anche il
sacrifici fisico di quei figli che lui stesso aveva consegnato ai
genitori come un regalo e un impegno. Una volta questo poteva
succedere con tante malattie infantili ("Felice quella sposa che
dona a Dio la prima rosa" dicevano per consolare le madri) o con
tanta gioventù sacrificata in quelle guerre a cui hanno cercato di
dare una valenza religiosa o mistica ma che restano un peccato contro
Dio e contro l'uomo. Oggi abbiamo bambini che nascono con difetti,
malformazioni o addirittura con malattie mortali e soprattutto tanta
gioventù che viene sacrificata nella maniera più stupida e banale,
davanti ad una discoteca o rientrando a casa una corsa fatale. Non
sono offerte sacrificali ma disgrazie senza senso, anche se il dolore
dei genitori rimane identico. Un dolore che segna per la vita e che
rischia di spegnere la vita.
Ci
sono però anche casi, tanti e dolorosi, di figli che restano vivi ma
che muoiono nell'anima. Buttandosi in scelte sbagliate, con compagnie
da cui Dio ci guardi,
percorrendo strade che non sono la strada di Dio e della vita.
Giovani sani fisicamente ma senza cuore, senza affetto, senza
progetti, senza ideali, senza nessuna attenzione per il mondo che li
circonda, ossessionati a pretendere tutto senza mai dare niente.
Anche così può morire Isacco.
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