sabato 2 aprile 2011

13 Il regalo più grande


13 Il regalo più grande

Nella mia vita ho ricevuto pochi regali. Questo lo consideravo un male fino a che non ho visto la generazione d’oggi, tanto colma di regali da non riuscire più a goderli e convinta d’essere sempre in diritto di prendere senza mai ricambiare. Da lì l’assuefazione al bene, che ti impedisce di godere, e l’egoismo, che ti desertica il cuore.
Avendo ricevuto pochi regali, ogni volta che qualcuno si ricordava di me era un festa e me li sono segnati nella memoria del cuore.
Ma un regalo forse unico è quello che ho trovato l’altro giorno sulla porta della canonica. Un foglietto d’agenda con scritto sopra: “un pensiero dall’Africa. Mandi. Miriam” e, appoggiato sulla pietra, un mazzo di fiori africani straordinari. Veri, naturalmente.
Per le linguacce spiegherò che Miriam è una persona cara di Villa e che ci conosciamo a causa dei miei poveri libri. È amica anche del prete di Guart ed è stata in Africa nei giorni scorsi assieme a don Lorenzo. Lei aveva il marito e lui aveva una badante guartana che lavorava laggiù.
Dinnanzi a questo regalo il cuore si è annodato. Sia per la finezza del pensiero sia per la fatica nel portarle. Dall’Africa si possono portare qua o rubare molte cose. Ci sono stati quelli che hanno portato via oro o diamanti, legno e avorio e materie prime. Addirittura hanno portato via la gente, nella tragedia della schiavitù. Ognuno porta via ciò che gli sta a cuore, perché è il cuore che ti destina il tesoro, come dice il vangelo (Mt. 6,21). Il cuore di Miriam e di don Lorenzo era legato a un fiore e hanno affrontato le traversie del viaggio per farmi giungere una cosa viva come segno di un amore vivo. Che Dio gliene renda merito.
Il pensiero mi è andato velocemente a ciò che avevo visto in Carnia. Quando, dinnanzi a un malato giunto all’agonia, si andava a prendere a notte fonda l’acqua di una sorgente lontana, che dicevano avesse virtù miracolose. Naturalmente non giovava per il corpo, ma compiva il miracolo nel cuore di chi la donava e in chi la riceveva. O quando prendevano dalla dispensa o dalla cantina una rarità per offrirla.
I regali devono essere costosi, altrimenti non sono regali. Ma devo costare vita, non soldi, altrimenti non partono dal cuore e non giungono al cuore, in più devono contenere in sé qualcosa della persona che li regala. Per cui varrà sempre più una cosa genuina che una falsa, una cosa viva che una morta, una cosa nostrana che una forestiera. E una parola varrà più di una cosa. E una lacrima più di una parola.
Per questo io chiedo che i friulani regalino qualcosa del loro e di loro, per onorare sé stessi e l’ospite. E i primi regali sono quelli della lingua, della liturgia, della musica, della filosofia, della fantasia, dell’ingegno, dei costumi. Per onorare lo straniero dobbiamo esibire le nostre cose. E nessuna legge di ospitalità può obbligarmi a rinunciare alla mia anima per favorire il forestiero. E se uno straniero viene di prepotenza e senza educazione, ho il diritto di non aprirgli la porta del mio cuore e di non privarmi dei miei tesori. Ha il diritto di venire a sostentarsi da me, ma non di rapinarmi o assassinarmi.
Cristo ha donato al mondo la sua genuinità e ci ha salvati rimanendo ciò che era. Riuscirà la Chiesa ad avere tanta intelligenza e coscienza di rispettarci e invogliarci a pregare, cantare, restare nel nostro clima culturale e religioso? Per poter offrire al mondo il nostro fiore, piccolo o grande ma sicuramente unico.
Solo un popolo vivo può fare doni vivi e solo un regalo vivo si può chiamare regalo.

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