giovedì 21 aprile 2011

15 la differenza fra Dio e l’uomo


15 la differenza fra Dio e l’uomo

Sono andato agli esercizi spirituali assieme ai miei amici. Una cosa simile si legge anche nel vangelo, dove dice che “Gesù prese a parte Pietro, Giovanni e Giacomo e li condusse soli sopra un alto monte” (Mc 9,2).
Forse il nostro confronto con il vangelo si ferma solo al monte (siamo stati a Zuglio), ma abbiamo cercato lo stesso di ispirarci a quel passo e a quel fatto. Cioè al piccolo numero di partecipanti. In centomila si può assistere a una partita, ma non meditare. Ci siamo recati in un posto fuori mano, non per fuggire dalla realtà, ma per guardarla con più obbiettività e caricarci per poter ritornare alla vita quotidiana con uno spirito diverso. Se non si dà anche spirito si dà poco e non si può donare spirito, se non ci si mette in contatto con lo Spirito.
Ci siamo recati sulla montagna perché più si va in alto e più si vede la realtà nella sua globalità. La si vede relativizzata e soprattutto a rovescio, perché la si guarda dall’alto in basso, come le guarda Dio. E guardando dall’alto, le cose sono una più piccola dell’altra, e tutte piccole.
Ma ci siamo andati anche per un altro morivo. Non basta parlare di Dio se non si parla a Dio. Non basta nominare trenta volte al giorno il nome di Dio se non si ha l’esperienza di Dio. Noi preti raccomandiamo sempre di pregare. Non so se preghiamo troppo. Dispiacerebbe che succedesse con noi, come col calzolaio, che ha le scarpe più rotte del paese.
Inoltre abbiamo voluto lasciare i nostri lavori anche per un senso di gratuità e delicatezza. Per capire e fare capire che il vero prete e pastore del paese è il Signore. Se manca il prete non cade il mondo. Se manca il Signore il mondo non si regge.
Prima di partire ho fatto ciò che fa ogni persona senziente: ho cercato di sistemare ciò che avevo fra le mani e di provvedere a quelle creature che dipendevano da me. Intendo quelle della canonica, non le anime, che non mi appartengono.
Ho dato il becchime agli uccellini nella gabbietta e a quelli che vengono a becchettare sotto l’albero. Ho provveduto ai cani, e ai gatti, anche a “quello della Bosnia”. Che sarebbe un povero gatto che viene ogni giorno a miagolare sulla porta. Inoltre ho annaffiato tutti i fiori, in casa e fuori.
E mentre compievo quest’officiazione ragionavo e ho scoperto che l’uomo è grande e piccolo, partecipa a Dio ma solo in una maniera molto limitata. Qui sta la differenza fra me e lui. Ho detto loro: “Io posso provvedere a voi per un giorno o due, ma non oltre. Se volete che vi aiuti, pregate che ritorni, altrimenti dovrete rassegnarvi all’assistenza pubblica, come tutti.”
La provvidenza di Dio è lunga come il tempo, che è infinito. La mia è corta come il mio tempo, che dura un attimo. Però in questo breve tempo io faccio da Signore per le mie creature.
Facendo la mia parte, mi sento apparentato con lui e gli do una mano nel mio fazzoletto di terra e nella mia briciola di tempo. E mi illudo di alleggerire il carico a lui, che deve provvedere a tutta l’estensione del mondo e per tutta la lunghezza del tempo.
Forse intendeva questo il Signore, quando ha detto di non tormentarci per il domani (Mt 6,34). Il nostro amore, anche quello di una madre che è il più grande, deve accettare il limite. Finché si può e fino dove si arriva.

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