venerdì 4 febbraio 2011

03 Non rattoppi, ma cose nuove e alternative


03 Non rattoppi, ma cose nuove e alternative

Quella voce che grida nel deserto, non mi esce dal cervello. E più ci penso e più la trovo un’assurdità.
Ma che può fare un uomo nell’immensità di un deserto? Non aveva nessun altro posto per impiantare il suo baracchino? E perché la gente avrebbe dovuto abbandonare tutto per andare ad ascoltare un selvaggio? Che senso ha tutto questo, messo in bocca al più grande profeta e posto come inizio del vangelo di Marco?
Io non sono un esperto biblista, nel senso di uno che se ne intende, che ne capisce. Peraltro chi può “capire” la parola di Dio? E poi la religione è un capire o un sentire? È più importante la spiegazione o la riflessione o il canto o il silenzio o la commozione o la contemplazione?
Se la parola di Dio è come l’acqua del pozzo, perché non andare sempre più in profondità o da un’altra parte? E così, spostando la punteggiatura, mi sono saltati fuori due bei significati e soprattutto attuali.
Voce di uno che grida: nel deserto preparate la strada del Signore.
Il deserto è un luogo di morte, abbandonato, alternativo al consorzio umano. Dicendo di realizzare la strada nel deserto, Dio lancia una sfida. Dove non passa nessuno, io costruisco la strada principale. Per dire che non c’è morte che lui non può vincere od ostacolo che non può superare. Anzi, più la cosa è difficoltosa e più ci prende gusto. Come un bambino.
Ma il significato è anche un altro: Dio non perde tempo a mettere rattoppi in cose vecchie. Vuole cose alternative, non rappezzate. La nostra religione non è alternativa. Che vadano a messa o non ci vadano, non si vede una grande differenza nella vita. È questa la tragedia: che la messa non cambia nulla, non che la gente non ci vada.
In più, realizzando la strada dove non la costruiscono gli altri, Dio dimostra di sbeffeggiare ogni mafia e compromesso e forza umana. Non fa “fifty-fifty” per mandare avanti la baracca.
Credo che quelli che hanno costruito le pievi di Guart o di San Pietro o San Martino di Valle o di Rivalpo in Carnia o Sant’Antonio in Venzone abbiano realizzato, forse senza rendersene conto del tutto, ciò che intendeva il profeta. Realizzare qualcosa al di fuori del sentiero degli uomini per obbligare gli uomini a prendere un’altra strada.
Se la Chiesa è alternativa al mondo, saranno pochi e poveri quelli che andranno in chiesa. Dunque bastano chiesette piccole. Chi ha detto che cresciuto il paese cresce anche la religione, per cui si deve di colpo ampliare la chiesa o alzare il campanile?
Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore.
È il significato consueto e forse quello più giusto.
La grandezza del fatto non dipende dal numero degli spettatori ma dall’evento stesso. La partita non diventa più importante della messa perché ci vanno più persone a seguirla. Allo stesso modo una messa non diventa più grande se la celebriamo in un campo di calcio. Anzi diventa più piccola. Perché la voce, quella autentica e rivoluzionaria, grida nel deserto.
Non so nemmeno se quella strada famosa di Isaia l’hanno realizzata o no. La salvezza inizia con una voce. Perché anche con una voce solitaria che grida, il deserto ha finito d’essere deserto. L’importante è che non taccia quella voce. Se dopo giunge anche la processione della gente, meglio ancora.

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