venerdì 4 febbraio 2011

07 Ogni età è buona per partorire


07 Ogni età è buona per partorire


Si sta parlando parecchio a riguardo di quelle donne che vogliono avere un figlio a sessant’anni. Le chiamano le “madri-nonne”.
Non voglio entrare in merito a questo garbuglio. Dico solo che Elisabetta, moglie di Zaccaria e cugina della Madonna, era una “mamma-nonna”. Come sua zia Sant’Anna e altre sante che la Scrittura ricorda e loda.
La notizia che Elisabetta era in cinta la porta l’angelo Gabriele. Dice a Maria: “Ecco che Elisabetta, tua parente, è rimasta anche lei incinta di un bambino, sebbene sia anziana, e che tutti la credevano oramai sterile è già al sesto mese.”
Mi immagino questa donnina o donnona, tutta spasimata per la nuova vita che porta in grembo, rossa di contentezza e imbarazzata dalla vergogna, perché, come dice il proverbio popolare, ogni frutto è buono nella sua stagione, verità ribadita da quel grande prontuario di sapienza che è il Qoelet: “per tutto c’è il suo momento, un tempo per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire.”
Solo che io mi pongo una domanda: “Esiste una stagione della vita che è sterile? Si può vivere senza partorire?
La natura può porre un confine alla generazione fisica, ma credo che in ogni stagione della vita una persona ha diritto e il dovere del concepimento e del partorire. Non possono esistere stagioni sterili. Altrimenti si è morti prima di morire. Altrimenti viene a mancare, nel mondo, il regalo prezioso, collaudato degli anziani. Una vita tutta gioventù, primavera, solarità, vivacità, non solo non è possibile ma sarebbe banale e povera. Il giovane è giovane perché c’è gente più anziana di lui. La bellezza della primavera, con i suoi limiti, si può godere, solo perché esiste anche la stagione dell’autunno e dell’inverno, con i suoi vantaggi. Questo dobbiamo dirlo forte.
Mi innervosiscono certe campagne, anche cattoliche, certe “scommesse sui giovani” dove sembra che la briscola l’abbiano solo loro e mancando i giovani muoia tutto. I giovani non sono tutto e soprattutto non vanno staccati dai vecchi. Per completezza della vita.
Le mie vecchine, di “durante tutta la settimana”, mi fanno ogni giorno il regalo della loro presenza e della loro preghiera, non sono meno importanti, dal punto di vista pastorale, dei bambini e dei giovani. Vanno trattate con cura, affetto e attenzione. Non solo perché hanno più bisogno di una parola, ma per il fatto che hanno più tempo e disponibilità per offrire la loro sapienza e aggiungerei, il loro ottimismo. Ci sono vecchi bavosi, come ci sono bambini maleducati e giovani ignoranti, ma ci sono donne e uomini, anche che hanno superato l’ottantina d’età, con una carica vitale, un’ironia e una finezza che i giovani non possiedono. Un capitale che non possiamo permetterci di sprecare.
Naturalmente ciò che vale per persone in età, vale anche per le culture, i paesi, per il patrimonio architettonico, iconografico, musicale, letterario, per tutte le cose “vecchie”, che vecchie non sono, e che una moda pseudo-giovane spesso mette da parte. Là, dove il danno più grande lo ha subito la cultura giovane, condannata alla sterilità. Sono i dispetti di Dio, lui che chiude prima dell’ora il grembo dei giovani e fa fiorire il grembo degli anziani. Per dimostrare non solo che “non c’è nulla che Dio non possa fare” ma che sterilità e vita non vanno d’accordo in nessun tempo e in nessuna stagione.

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