venerdì 2 dicembre 2011

32 Radici aquileiesi


32 Radici aquileiesi

La sagra o perdono dei santi Ermacora e Fortunato, che la liturgia stabilisce essere il dodici di luglio, ci riporta a un problema di fondo non solo religioso ma anche culturale, antropologico e spirituale: il rapporto fra cronaca e storia, fra presente e passato, fra contemporaneità e memoria. Un problema che esiste da sempre, ma che nella nostra epoca involgarita, iconoclastica, materialistica, emotiva e superficiale trova sempre più importanza. Un tempo potevano anche non andare a cercare le proprie radici, perché vivevano in armonia con la storia e il territorio, in un’armonia che, se non era ideale (non esiste un equilibrio ideale di tutte le componenti dell’uomo) e a livello di coscienza, era reale a livello di esperienza.
La rivoluzione, l’accelerazione, la massificazione ha sostituito la realtà la finzione o “fiction”, e tutto è divenuto relativo e artificiale: il mangiare, il bere, il dormire, il piangere, il ridere, il partecipare, gli odori e i colori. Perfino con le piante bisogna stare attenti. Difatti ne trovi di fiorite in ogni stagione e più fuori fa freddo e più in casa è sfacciata la fioritura. Solo che non si tratta di alberi, ma di plastica, realizzata a modo d’albero.
Anche la religione è soggetta alle tentazioni e alle mode dei tempi, e rischia di prendere la scorciatoia criminale della falsificazione, con cere di plastica, con fiori finti, con candele elettriche, con suoni artificiali che strepitano per coprire il silenzio della gente.
Contro questo “disordine della desolazione” che ha appestato famiglie e paesi, case e chiese, devo andare a cercare la fontana dell’acqua genuina che gocciola dalla profondità della nostra terra e l’albero antico che ha radici profonde come i secoli e dure come la nostra storia. Tutto questo si trova in un luogo materiale e spirituale che per noi può essere un luogo ben preciso: Aquilkeia. In Aquileia il popolo friulano ha le sue radici cristiane e friulane. Senza forzature e senza dare all’ affermazione una connotazione nazionalistica o integralista, possiamo sostenere che siamo friulani perché siamo cristiani e siamo cristiani perché siamo friulani.
Se vogliamo dunque salvarci come friulani e come cristiani, ovvero se vogliamo salvare la nostra “anima” come dice il vangelo, dobbiamo compiere un pellegrinaggio che diviene uno stile di vita, una ricerca continua del nostro DNA, per donare al mondo il regalo della nostra specificità.
Si parla tanto di nuova evangelizzazione, perché abbiamo perso la tramontana. Se non vogliamo che tutto diventi una nuova colonizzazione magari con la croce, dobbiamo dare a questa parola e a questo progetto il significato di un voto corale e penitenziale, per chiedere perdono ai nostri santi Fondatori e a tutte le anime buone che hanno concimato con la loro testimonianza generosa e sofferta questa nostra terra, per ristorare la nostra anima arsa alla vecchia fontana, per sederci stanchi e delusi sotto l’ombra del grande albero, per appoggiarci a quel campanile che prolunga le sue fondamenta nella profondità della terra e del tempo e va su con la sua punta nella pienezza e nella libertà del cielo.
E con questa visione di terra e cielo, che sono le coordinate vitali per un uomo e per un popolo, torneremo al nostro vivere di ogni giorno, per scrivere un’altra pagina di storia di vita nel vecchio quaderno del Friuli.

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